Il ruolo della cultura
nell’attribuzione di specifici tratti maschili o femminili nella percezione
collettiva della sessualità è ormai indiscusso, e ripercorrendo il corso della
storia della società occidentale, non si può far a meno di menzionare
l’influenza secolare del Cattolicesimo e della religione più in generale. Il
rapporto tra sesso e religione è da sempre stato contraddistinto da ambiguità e
negazione, il giudizio prevalente della Chiesa vede tutte le attività sessuali
come sospette e unicamente necessarie ad assicurare la procreazione. Questo
atteggiamento ha da subito condotto alla scissione, prevalentemente nella
figura femminile, tra un sesso
volgare e peccaminoso ed un amore virtuoso e casto (la donna è vista come colei
che séduce e quindi attrae tramite
l’arte erotica del suo corpo: nella Bibbia Eva è la peccatrice poiché coglie la
mela e si rende conto delle sue nudità), con rapporti sessuali legittimati
esclusivamente ai fini del soddisfacimento coniugale e del conseguimento del
continuo della stirpe umana. Si deve inoltre all’interpretazione della Bibbia
data dalla Chiesa l’implementarsi del senso di colpa legato al sesso e al
peccato, non direttamente riscontrabile nelle Sacre Scritture in cui Gesù aveva
anzi a che fare soprattutto con prostitute e con la feccia della società
ebraica di quel tempo: nella parabola dell’adultera impedisce la sua la
lapidazione facendo capire agli ebrei che sono tutti colpevoli di adulterio ed
evitando cosi la proiezione della suddetta colpa sull’adultera. Con il “peccato
originale” si indica inoltre la colpevolezza di tutti verso tutti, rinforzando
questo tema di colpa collettiva e imprescindibile alla nascita. Nello specifico
è poi con il potere temporale e la sua politicizzazione che la Chiesa con la
distribuzione di colpe e di peccati trovò un notevole mezzo di sottomissione
degli uomini al suo erigersi di giudicatore di etica universale.
Va inoltre considerato un
altro aspetto subliminale che sottostà alla visione cattolica: sovvertendo
l’ordine naturale per cui la creazione invece che a Eva viene affidata ad Adamo
rinforza e legittima l’idea del patriarcato e quindi dell’indiscussa supremazia
maschile sulla donna.
La visione puritana della
religione sulla sessualità ha dominato indisturbata per quasi duemila anni di
storia occidentale, arrivando forse all’esasperazione in epoca vittoriana con
l’inevitabile conseguenza del fiorire di innumerevoli bordelli e luoghi di
perdizione nei centri urbani, necessari per compensare il bisogno istintivo e
pulsionale degli uomini che ovviamente non potevano soddisfare con le loro
mogli. Veniva cosi rinforzato il concetto per cui le donne di facili costumi e
le donne rispettabili appartenessero a due categorie e due mondi completamente
distinti dando origine alla dicotomia tutt’oggi presente della “donna santa” e
la “donna puttana”. Inoltre negli uomini il comportamento adultero era
tacitamente accettato mentre le donne “rispettabili” che osassero esprimere la
loro sessualità o fossero colte in comportamenti adulteri erano motivo di grave
scandalo sino all’allontanamento dalla società. Esisteva dunque, una vera e
propria doppia morale che regolamentava la sessualità tra uomini e donne.
Nel IXX secolo l’approccio
religioso fu sostituito da quello medico, che tuttavia inizialmente mantenne
un’impostazione alquanto rigida nei confronti del sesso, alcuni medici ad
esempio sostenevano che le pratiche sessuali slegate dalla riproduzione, (ad
esempio la masturbazione), arrecassero gravi danni alla salute.
Solamente nell’ultimo
secolo la società occidentale è arrivata ad una progressiva “liberalizzazione
sessuale”, procedendo lentamente verso il cambiamento ed una profonda
trasformazione dei codici morali e delle etiche comportamentali sino ad allora
celate dietro al velo dello scandalo e del tabù. Nel 1948 e nel 1953 fu
pubblicato in America il “Rapporto Kinsey” rispettivamente sul comportamento
sessuale dell’uomo e della donna. Mentre nel 1966 il ginecologo William Masters
e la psicologa Virginia Johnson pubblicarono il libro “Human Sexual Response”
in cui viene affrontato in modo approfondito lo studio della fisiologia ed
anatomia sessuale umana.
Ma è solo negli anni
Sessanta che ha iniziato ad emergere un atteggiamento radicalmente diverso nei
confronti della sessualità, tale da poter essere descritto come una vera e
propria rivoluzione. L’invenzione della pillola anticoncezionale del 1960 segna
la svolta decisiva nell’emancipazione femminile, svincolando la sessualità da
un’ottica di controllo e regolazione della fecondità e procreatività,
proiettando invece la donna verso la libertà delle proprie scelte sessuali e
liberandosi del peso delle vecchie rigidità sociali e religiose.
In Italia, in particolare
la rivoluzione dei costumi sessuali ha subìto un repentino susseguirsi di fasi
e di eventi che in soli cinquant’anni hanno condotto ad una situazione sociale
radicalmente opposta e in continua evoluzione:
-
L’avvento
del femminismo in quegli anni ha contribuito alla rivendicazione dei diritti
delle donne con il particolare intento di modificare la divisione dei ruoli
maschili e femminili e di rimettere quindi in discussione la gerarchizzazione
del potere associata alla differenza di genere.
-
Il 1°
dicembre 1970 il divorzio veniva introdotto nell’ordinamento giuridico italiano
con la legge n.898 “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (Legge Fortuna-Basini).
-
Il 22
maggio 1975 la legge n.194 che consente alla donna di ricorrere
all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) in una qualunque struttura
pubblica nei primi 90 giorni di gestazione.
Si assiste dunque al
riassestamento dei diritti e dei doveri di uomini e donne: “Io sono mia” (uno
degli slogan più espressivi del movimento delle donne) rimandava proprio al
processo di riappropriazione del proprio corpo e della propria storia che
ispirò il femminismo di quegli anni. La nuova consapevolezza che si alimenta di
pari passo al processo di auto-organizzazione della donne, parte proprio dalla necessità
di ricominciare dal corpo e dall’importanza simbolica e sociale della
sessualità. Questo processo va di pari passo con l’aumento dell’indipendenza
economica delle donne che, nonostante continuino a combattere per
riappropriarsi della posizione sociale che era stata loro negata per secoli, ha
portato ad un progressivo sbilanciamento nella divisione dei ruoli, poiché non
è stata accompagnata da una parallelo riadattamento del ruolo maschile. Cosi da
una parte gli uomini rimangono orientati sulla soddisfazione personale
lavorativa e sul mantenimento economico della famiglia, e dall’altra le donne
anch’esse puntano all’autorealizzazione professionale e personale nella società
rimanendo comunque legate al compito secolare di moglie, madre e donna del focolare.
I compiti domestici vengono raramente divisi tra i partner e questo risulta
chiaramente a carico delle stesse che aggiungono ore di lavoro a quello
necessario al sostentamento economico. Tutto ciò ha prodotto delle sorte di
“super donne” con caratteristiche maschili quali la determinazione e
l’orgoglio, la prevaricazione e la combattività che se da un lato possono
essere modulate a favore di un’efficace coordinazione della vita, dall’altro
hanno creato un profondo disagio nella percezione maschile della donna e di se
stessi in relazione alla donna: se la donna è il sesso forte, quale sarà quello
debole?
Queste sono alcune delle
considerazioni che rovesciano l’immaginario collettivo rispetto ai “ruoli
sessuali” e che hanno contribuito all’aumento considerevole di richieste di
aiuto rispetto a problemi di coppia di origine relazionale e sessuale, occorre
infatti riscoprire il proprio ruolo come persona prima di tutto, entrare in
contatto con le proprie emozioni di base e come essere sessuato con il
naturale bisogno di essere appagati in una relazionale affettiva e sessuale
soddisfacente.
Bibliografia
- “Sessualità e stili
di vita: opinioni e comportamenti femminili” Alvisi,
Gallerani, Garelli 1996
- “Indignate, è
arrivato il momento di dire basta” D. Bersani. Newton Compton
Editori
2011
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