La
complessità dell’organizzazione dell’organismo umano, inteso come sistema
aperto, rende possibile il costante apprendimento di nuovi dati che compongono
la memoria di ciò che siamo e sappiamo sul mondo. Questo sistema è inoltre
multi-componenziale poiché, a partire da processi fisici organizzati in
circuiti neurobiologici, ciò di cui noi abbiamo effettivamente esperienza è
composto da processi di tipo affettivo e cognitivo, da sensazioni e percezioni
che consentono lo sviluppo di una coscienza emotiva ed in ultimo
l’organizzazione in schemi e modelli di funzionamento dell’intera gamma di
comportamenti che compongono lo spettro degli ambiti relazionali umani.
Sebbene
la diretta relazione che intercorre tra i circuiti neurobiologici e gli
emergenti processi cognitivi ed emotivi non sia ancora del tutto chiara, un
crescente interesse sull’argomento ha portato a notevoli avanzamenti nella
comprensione della relazione mente-cervello. Gli studi neurobiologici e
psicobiologici hanno portato alla conoscenza della maggior parte dei circuiti
neuronali sottostanti ai più disparati processi emotivi, cognitivi e
comportamentali che nel loro insieme compongono il sistema “uomo”. Si è inoltre
arrivati alla comprensione di come tali processi siano in costante relazione
con l’ambiente esterno, che in particolare per l’essere umano è costituito principalmente
dall’ambiente sociale, grazie al quale si sviluppano a pieno le proprietà
emergenti, per l’appunto, dalla potenzialità della base biologica, emotiva e
cognitiva.
Appare
dunque evidente la stretta relazione che lega il processo di sviluppo sano di
un individuo al suo ambiente di accudimento primario, e mette in luce il ruolo
della figura di riferimento del bambino, il caregiver, come regolatore esterno
dei processi emotivi e cognitivi, e quindi dell’organizzazione psicobiologica
interna del bambino. Si può quindi affermare che l’attaccamento sociale, innato
negli esseri umani, è in grado di modulare lo sviluppo cerebrale: una volta che
questi circuiti si sono consolidati in determinati patterns di organizzazione
psicobiologia, essi andranno ad influenzare il successivo comportamento sociale
ed affettivo dell’adulto.
L’ossitocina
sembra essere il neuropeptide che media le diverse tipologie di relazione
d’attaccamento nelle sue distinte componenti attraverso le diverse fasi
evolutive. Il coinvolgimento dell’ossitocina nelle diverse forme di
attaccamento che si verificano durante tutto il ciclo vitale, da quello
infantile a quella di coppia a quella genitoriale, ha sollevato l’ipotesi
dell’esistenza di un unico circuito neuronale, già presente alla nascita, in
grado di regolare le diverse tipologie di attaccamento presenti nelle varie
fasi dell’esistenza, sulla base del contesto sociale ed endocrino (Marazziti et
all. 2008).
Nelle
ultime fasi di gestazione i livelli di ossitocina aumentano in modo
considerevole, agendo in prevalenza sulla mammella e sull’utero. Durante il
travaglio ed il parto provoca, infatti, le contrazioni delle fibrocellule
muscolari lisce uterine, favorendo l’espulsione del feto. Invece durante
l’allattamento la suzione del bambino sul capezzolo stimola il rilascio di
ossitocina e prolattina, che a loro volta favoriscono la contrazione della
muscolatura liscia attorno alle ghiandole mammarie, aumentando l’eiezione del
latte. In questa fase sia madre che bambino sono in condizioni fisiologiche di
ossitocina aumentata, ed è per questo che è plausibile supporre che questa possa rendere conto della natura biologica sottostante la
creazione di quel profondo e solido legame che caratterizza le relazioni d’attaccamento
tra madre e figlio: la mancanza di cure materne sembra alterare il normale
sviluppo del sistema dell’ossitocina in bambini neonati (Marrazziti et al.
2008).
È stato riscontrato un aumento
significativo dei livelli di ossitocina nel flusso ematico a seguito dei
rapporti sessuali dando supporto all’ipotesi che questa contribuisca,
sinergicamente alla dopamina, alle funzioni di rinforzo di stimoli naturali,
come il sesso, e quindi alla formazione di legami duraturi tra partner. Sia nei
mammiferi maschi che femmine di diverse specie, l’ossitocina è importante
nell’indurre il comportamento sessuale, l’eccitamento e l’orgasmo.
Anche
negli esseri umani è stato mostrato un aumento di ossitocina nel plasma durante
l’eccitazione sessuale, l’eiaculazione o l’orgasmo, similmente all’incremento
mostrato dai roditori durante l’accoppiamento. (Caldwell, Young 2006). La
sessualità umana si può essere evoluta per promuovere il legame di coppia
attraverso l’implementazione dei comportamenti che massimizzano la frequenza e
il grado di ossitocina rilasciata: l’intimità sessuale riproduce a livello
fisiologico le basi neurali del parto e dell’accudimento primario, aumentando
appunto il rilascio di ossitocina, e questo può servire a rafforzare il legame
tra uomo e donna, dando inoltre supporto all’ipotesi dell’esistenza di un unico
circuito psicobiologico implicato nei meccanismi sottostanti alla cementazione
di un rapporto di coppia, ed emergenti a partire dai pregressi meccanismi
sottostanti al legame tra madre e figlio.
Evidenze
a favore della relazione tra le esperienze precoci di vita e alterazioni del
sistema di ossitocina provengono da studi sui macachi rhesus adolescenti
allevati a contatto con caregivers umani, che mostravano una più bassa
concentrazione di ossitocina nel loro fluido cerebrospinale rispetto a quelli
allevati dalla propria madre. Uno studio recente suggerisce un fenomeno simile
anche negli esseri umani: infatti donne che hanno subito degli abusi o dei
maltrattamenti nell’infanzia, hanno una concentrazione significativamente più
bassa di ossitocina nel fluido cerebrospinale rispetto a donne che non
riportano alcuna storia di abuso infantile (Ross, Young 2009). Questo dato
fornisce ulteriori conferme del fatto che, come nei mammiferi non umani, le
interazioni genitoriali precoci possono avere conseguenze stabili nel sistema
regolato dall’ossitocina, che quindi influenzerà la cognizione sociale adulta e
la capacità di instaurare relazioni significative tra partners.
In
uno studio pubblicato nel 2009, Ditzen e colleghi hanno analizzato l’effetto
della somministrazione intra-nasale di ossitocina in coppie durante una
discussione conflittuale. Il campione è stato diviso in due gruppi cui è stata
somministrata ossitocina oppure un placebo. I risultati riportati mostrano come
l’ossitocina aumenti la durata di comportamenti positivi rispetto a quelli
negativi durante la discussione tra partners, ed inoltre riduce il livello salivare
di cortisolo a seguito del conflitto, sia negli uomini che nelle donne. Questo
è in accordo con l’ipotesi che il sistema di regolazione dell’ossitocina, nelle
sue varie componenti di modulatore delle emozioni, dello stress e dei rapporti
sociali, è un potente predittore dell’esito positivo di una relazione a lungo
termine, nonché del sostanziale benessere psicofisico dell’essere umano, e non
solo.
È
quindi intuibile la relazione che intercorre nel continuum del sistema di
attaccamento mediato dall’ossitocina e la garanzia di un benessere modulato
dalla relazione con gli altri, ed in particolare dal rapporto di coppia, come
capacità intrinseca di gestione delle emozioni della comunicazione e del
conflitto, e attraverso una riduzione dell’attivazione del sistema fisiologico
dello stress.
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