Elena Cossu

La mia foto
Roma, Roma, Italy
Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi del Lazio con N° 19999. Psicoterapeuta Gestalt Analitica presso Il Centro Studi Psicosomatica, (CSP,IGA) Ha conseguito la Laurea Magistrale in Neuroscienze Cognitive e Riabilitazione Psicologica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza. Ha svolto un Master biennale in Sessuologia Clinica e Criminologica presso l'Associazione Italiana di Sessuologia Clinica.

martedì 24 settembre 2013

Influenza della cultura cattolica nella concezione dei ruoli sessuali e della sessualità in occidente

Il ruolo della cultura nell’attribuzione di specifici tratti maschili o femminili nella percezione collettiva della sessualità è ormai indiscusso, e ripercorrendo il corso della storia della società occidentale, non si può far a meno di menzionare l’influenza secolare del Cattolicesimo e della religione più in generale. Il rapporto tra sesso e religione è da sempre stato contraddistinto da ambiguità e negazione, il giudizio prevalente della Chiesa vede tutte le attività sessuali come sospette e unicamente necessarie ad assicurare la procreazione. Questo atteggiamento ha da subito condotto alla scissione, prevalentemente nella figura femminile,  tra un sesso volgare e peccaminoso ed un amore virtuoso e casto (la donna è vista come colei che duce e quindi attrae tramite l’arte erotica del suo corpo: nella Bibbia Eva è la peccatrice poiché coglie la mela e si rende conto delle sue nudità), con rapporti sessuali legittimati esclusivamente ai fini del soddisfacimento coniugale e del conseguimento del continuo della stirpe umana. Si deve inoltre all’interpretazione della Bibbia data dalla Chiesa l’implementarsi del senso di colpa legato al sesso e al peccato, non direttamente riscontrabile nelle Sacre Scritture in cui Gesù aveva anzi a che fare soprattutto con prostitute e con la feccia della società ebraica di quel tempo: nella parabola dell’adultera impedisce la sua la lapidazione facendo capire agli ebrei che sono tutti colpevoli di adulterio ed evitando cosi la proiezione della suddetta colpa sull’adultera. Con il “peccato originale” si indica inoltre la colpevolezza di tutti verso tutti, rinforzando questo tema di colpa collettiva e imprescindibile alla nascita. Nello specifico è poi con il potere temporale e la sua politicizzazione che la Chiesa con la distribuzione di colpe e di peccati trovò un notevole mezzo di sottomissione degli uomini al suo erigersi di giudicatore di etica universale.
Va inoltre considerato un altro aspetto subliminale che sottostà alla visione cattolica: sovvertendo l’ordine naturale per cui la creazione invece che a Eva viene affidata ad Adamo rinforza e legittima l’idea del patriarcato e quindi dell’indiscussa supremazia maschile sulla donna.
La visione puritana della religione sulla sessualità ha dominato indisturbata per quasi duemila anni di storia occidentale, arrivando forse all’esasperazione in epoca vittoriana con l’inevitabile conseguenza del fiorire di innumerevoli bordelli e luoghi di perdizione nei centri urbani, necessari per compensare il bisogno istintivo e pulsionale degli uomini che ovviamente non potevano soddisfare con le loro mogli. Veniva cosi rinforzato il concetto per cui le donne di facili costumi e le donne rispettabili appartenessero a due categorie e due mondi completamente distinti dando origine alla dicotomia tutt’oggi presente della “donna santa” e la “donna puttana”. Inoltre negli uomini il comportamento adultero era tacitamente accettato mentre le donne “rispettabili” che osassero esprimere la loro sessualità o fossero colte in comportamenti adulteri erano motivo di grave scandalo sino all’allontanamento dalla società. Esisteva dunque, una vera e propria doppia morale che regolamentava la sessualità tra uomini e donne.
Nel IXX secolo l’approccio religioso fu sostituito da quello medico, che tuttavia inizialmente mantenne un’impostazione alquanto rigida nei confronti del sesso, alcuni medici ad esempio sostenevano che le pratiche sessuali slegate dalla riproduzione, (ad esempio la masturbazione), arrecassero gravi danni alla salute.
Solamente nell’ultimo secolo la società occidentale è arrivata ad una progressiva “liberalizzazione sessuale”, procedendo lentamente verso il cambiamento ed una profonda trasformazione dei codici morali e delle etiche comportamentali sino ad allora celate dietro al velo dello scandalo e del tabù. Nel 1948 e nel 1953 fu pubblicato in America il “Rapporto Kinsey” rispettivamente sul comportamento sessuale dell’uomo e della donna. Mentre nel 1966 il ginecologo William Masters e la psicologa Virginia Johnson pubblicarono il libro “Human Sexual Response” in cui viene affrontato in modo approfondito lo studio della fisiologia ed anatomia sessuale umana.
Ma è solo negli anni Sessanta che ha iniziato ad emergere un atteggiamento radicalmente diverso nei confronti della sessualità, tale da poter essere descritto come una vera e propria rivoluzione. L’invenzione della pillola anticoncezionale del 1960 segna la svolta decisiva nell’emancipazione femminile, svincolando la sessualità da un’ottica di controllo e regolazione della fecondità e procreatività, proiettando invece la donna verso la libertà delle proprie scelte sessuali e liberandosi del peso delle vecchie rigidità sociali e religiose.
In Italia, in particolare la rivoluzione dei costumi sessuali ha subìto un repentino susseguirsi di fasi e di eventi che in soli cinquant’anni hanno condotto ad una situazione sociale radicalmente opposta e in continua evoluzione:

-       L’avvento del femminismo in quegli anni ha contribuito alla rivendicazione dei diritti delle donne con il particolare intento di modificare la divisione dei ruoli maschili e femminili e di rimettere quindi in discussione la gerarchizzazione del potere associata alla differenza di genere.
-       Il 1° dicembre 1970 il divorzio veniva introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con la legge n.898 “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (Legge Fortuna-Basini).
-       Il 22 maggio 1975 la legge n.194 che consente alla donna di ricorrere all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) in una qualunque struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione.

Si assiste dunque al riassestamento dei diritti e dei doveri di uomini e donne: “Io sono mia” (uno degli slogan più espressivi del movimento delle donne) rimandava proprio al processo di riappropriazione del proprio corpo e della propria storia che ispirò il femminismo di quegli anni. La nuova consapevolezza che si alimenta di pari passo al processo di auto-organizzazione della donne, parte proprio dalla necessità di ricominciare dal corpo e dall’importanza simbolica e sociale della sessualità. Questo processo va di pari passo con l’aumento dell’indipendenza economica delle donne che, nonostante continuino a combattere per riappropriarsi della posizione sociale che era stata loro negata per secoli, ha portato ad un progressivo sbilanciamento nella divisione dei ruoli, poiché non è stata accompagnata da una parallelo riadattamento del ruolo maschile. Cosi da una parte gli uomini rimangono orientati sulla soddisfazione personale lavorativa e sul mantenimento economico della famiglia, e dall’altra le donne anch’esse puntano all’autorealizzazione professionale e personale nella società rimanendo comunque legate al compito secolare di moglie, madre e donna del focolare. I compiti domestici vengono raramente divisi tra i partner e questo risulta chiaramente a carico delle stesse che aggiungono ore di lavoro a quello necessario al sostentamento economico. Tutto ciò ha prodotto delle sorte di “super donne” con caratteristiche maschili quali la determinazione e l’orgoglio, la prevaricazione e la combattività che se da un lato possono essere modulate a favore di un’efficace coordinazione della vita, dall’altro hanno creato un profondo disagio nella percezione maschile della donna e di se stessi in relazione alla donna: se la donna è il sesso forte, quale sarà quello debole?
Queste sono alcune delle considerazioni che rovesciano l’immaginario collettivo rispetto ai “ruoli sessuali” e che hanno contribuito all’aumento considerevole di richieste di aiuto rispetto a problemi di coppia di origine relazionale e sessuale, occorre infatti riscoprire il proprio ruolo come persona prima di tutto, entrare in contatto con le proprie emozioni di base e come essere sessuato con il naturale bisogno di essere appagati in una relazionale affettiva e sessuale soddisfacente.


Bibliografia
- “Sessualità e stili di vita: opinioni e comportamenti femminili” Alvisi,
   Gallerani, Garelli 1996
- “Indignate, è arrivato il momento di dire basta” D. Bersani. Newton Compton

Editori 2011

martedì 17 settembre 2013



La sessualità da un punto di vista antropologico-culturale

Analizzando nello specifico le relazioni sociali e le differenze di genere relative a determinate caratteristiche temperamentali “maschili o femminili” e mettendo a confronto diversi modelli culturali appartenenti a differenti contesti etnici e geografici, risulta evidente che una netta differenziazione delle caratteristiche di genere non esita se non come riconducibile alla particolare cultura di appartenenza. Margaret Mead fu la prima ad indagare la relazione tra personalità dominante e il genere sessuale in diverse culture, e con i suoi libri “Sesso e temperamento in tre società primitive” del 1935 e “Maschio e femmina” del 1949 si può inaugurare, a livello antropologico, lo studio delle differenze di genere. La Mead mette a confronto le personalità maschili e femminili di tre popolazioni tribali: gli Arapesh presentano, uomini e donne, una personalità alla quale si può riconoscere carattere materno e femminile, in quanto entrambi sono educati alla collaborazione, alla non aggressività, alla comprensione delle necessità e delle esigenze altrui; in netto contrasto con queste caratteristiche tra i Mundugumur tanto gli uomini quanto le donne si sviluppano in individui duri e crudeli, aggressivi e con un’alta carica sessuale, con gli aspetti materni ridotti al minimo. Entrambi i sessi si avvicinano ad un tipo di personalità che nella nostra cultura può essere rappresentata tipicamente in un maschio violento e senza morale. In entrambe queste culture non vi è alcun contrasto tra i sessi, in quanto la mitezza o l’aggressività appartiene ad ambedue i componenti della tribù senza distinzione alcuna. Nella terza tribù, i Ciambuli, infine, la Mead riscontra un vero e proprio rovescio della nostra cultura, con la donna in veste di partner dominante, direttivo, impersonale, e l’uomo nella posizione di minore responsabilità e di soggezione sentimentale.

Queste tre situazioni diverse e contrastanti suggeriscono in maniera molto chiara che quegli elementi che noi per tradizione consideriamo femminili, come la passività, la sensibilità o la propensione a curarsi dei bambini, possono, in una tribù, entrare a far parte delle caratteristiche maschili, in un’altra non appartenere ne agli uomini ne alle donne, e cosi altrettanto per gli elementi caratteriali che invece consideriamo prettamente maschili, portando quindi alla logica conclusione per cui occorre considerare ogni caratteristica temperamentale che influenzi la scelta di ruolo come necessariamente slegata dal sesso biologico.

Bibliografia
 “Antropologia Culturale” E. A. Schultz, R. H. Lavenda, Zanichelli, 2006

Lo sviluppo sessuale: influenza dei fattori genetici e ambientali

Lo sviluppo dell’identità sessuale di un individuo è un evento che ha origine da complesse ed intersecate relazioni tra il suo corredo genetico ed il suo esplicitarsi in un ambiente sociale e culturale esterno che ne indirizzerà in prevalenza lo sviluppo verso un particolare modello soggettivo di rappresentazione interna.
Il sesso cromosomico individuale è determinato al momento stesso della fecondazione. Tuttavia inizialmente le differenze sessuali sono pressoché nulle ed elicitate invece da una catena di eventi a cascata che dai geni, agli ormoni, alla struttura e funzione del cervello, portano al dimorfismo sessuale e comportamentale. Infatti nella specie umana, la differenziazione sessuale inizia solo dopo la sesta settimana di gestazione, e fino a quel momento il feto è bisessuale ed evolve la sua definizione attraverso un procedimento che interessa il sistema neuroendocrino, a partire dal sesso genetico (XX e XY). Il programma di base della natura è predisposto per creare una femmina: l’embrione geneticamente maschio per potersi sviluppare come tale, deve sopprimere il programma di base tramite l’attivazione di un processo di defemminizzazione neuroendocrina, e quindi tramite l’induzione di un programma di mascolinizzazione, attraverso l’azione di un gene presente sul cromosoma Y, chiamato SRY (sex determinating region on the chromosome Y) responsabile dello sviluppo dei testicoli. Non è chiaro come il feto maschile riesca a convertire il programma di base, e tra l’altro non pare che sia il testosterone a realizzare la conversione bensì un ormone femminile, l’estradiolo, opportunamente modificato in testosterone. In effetti non esistono ormoni sessuali solo maschili o solo femminili, in quanto il testosterone è presente anche nelle femmine, seppur in quantità inferiori, analogamente agli estrogeni presenti nel circolo ematico dei maschi. Di fatto, il cervello ha nei due sessi, lo stesso numero di recettori per tutti gli ormoni sessuali e tutte queste interazioni rendono difficile il compito di definire una differenza netta nel comportamento sessuale di uomini e donne.
In ogni caso a partire dalla sesta settimana inizia il processo di differenziazione sessuale, che avrà il suo periodo critico tra l’undicesima e la diciassettesima settimana, e riguarda oltre che l’apparato sessuale interno ed esterno anche le strutture del sistemo nervoso in generale, che ne sostengono le diversità.
Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie di neuroimmagine (PET e fMRI) è stato possibile migliorare la comprensione delle differenze biologiche tra i sessi (su modello animale), per quanto concerne attività, struttura e biochimica del cervello: in giovani ratti maschi adulti è stata mostrata una relazione diretta tra il livello di testosterone nel sangue e l’attività sessuale, e la castrazione riduce l’attività sessuale al pari della diminuzione del testosterone. Analogamente si nota un comportamento molto simile nelle femmine adulte di ratto, dove gli estrogeni ed il progesterone svolgono un ruolo attivo nella stimolazione dell’attività sessuale, coincidente con l’estro, il periodo fertile in cui si ha l’ovulazione.
Nei primati, quali i giovani macachi, non è stata invece riscontrata una correlazione cosi diretta tra la stimolazione neuroendocrina e la messa in atto di comportamenti sessuali: infatti se si sterilizza un macaco maschio che si è accoppiato più volte si nota una riduzione molto  limitata dell’attività sessuale anche se il testosterone subisce un netto calo nella concentrazione ematica. Le stesse considerazioni possono essere fatte per le femmine, la cui attività sessuale non coincide necessariamente con l’estro. Quello che si evince dall’osservazione del comportamento sessuale dei macachi è che questo sia legato più alla formazione di coppie e legami sociali piuttosto che alla concentrazione ematica degli ormoni. Appare quindi evidente come in specie più evolute e complesse l’attività sessuale sia svicolata dal controllo diretto degli ormoni sessuali, perché l’influenza dei centri corticali superiori prevale su quella dell’ipotalamo.
È quindi interessante notare come il comportamento della nostra specie si sia evoluto a partire da semplici schemi automatici, sotto il controllo di strutture cerebrali più primitive risiedenti nel tronco dell’encefalo, quali appunto l’ipotalamo e ed altre aree limbiche, per poi aumentare progressivamente la complessità delle sue strutture corticali e delle interazioni che esse stabiliscono con l’ambiente circostante, divenendo in ultimo un tutt’uno nella concausa dello sviluppo di un determinato comportamento specie-specifico (in questo caso la risposta sessuale).
È quindi inscindibile nello sviluppo dell’identità sessuale di un individuo l’influenza, oltre che degli eventi genetici prenatali appena considerati, di tutto il corredo comportamentale e dalle aspettative postevi sopra dal contesto sociale e ambientale  in cui l’individuo nasce, cresce e sviluppa la sua personalità soggettiva. Infatti, lo sviluppo corticale necessario all’elaborazione delle informazioni e alla consolidazione di specifici modelli e schemi di rappresentazione cognitiva rispetto a se stessi e al mondo, verranno fortemente influenzati dalla rete sociale in cui il soggetto è inserito fin dalla nascita. Già la stessa attribuzione di uno specifico sesso data dalla conoscenza del genere crea un’aspettativa che condizionerà come il neonato verrà educato, quali relazioni e condizioni sociali sperimenterà ed altri tipi di esperienze che in ultimo rinforzeranno l’attribuzione primaria del genere sessuale. In un certo senso si può affermare che il sesso biologico è anch’esso una “costruzione sociale”.

È quindi necessario sottolineare che una corretta interpretazione dei processi di sviluppo del sesso e del genere potrà emergere chiaramente solo da una visione d’insieme delle interazioni esistenti tra tutti i fattori genetici ed ambientali, biologici e socioculturali, interni ed esterni all’individuo.

Bibliografia

“Fisiologia del comportamento” N. R. Carlson. Piccin 2002
 “Sexing the brain” L. Rogers The Guernsey Press Co Ldt, GB 1999
 “Psiconeuroimunologia” F. Bottaccioli, Red Edizoni, Novara, 1995
 “Genere, sesso, cultura” M. Busoni Carocci Editore, Roma 2000

venerdì 13 settembre 2013

Basi neurobiologiche dell’attaccamento nel corso della vita: ruolo dell’ossitocina

La complessità dell’organizzazione dell’organismo umano, inteso come sistema aperto, rende possibile il costante apprendimento di nuovi dati che compongono la memoria di ciò che siamo e sappiamo sul mondo. Questo sistema è inoltre multi-componenziale poiché, a partire da processi fisici organizzati in circuiti neurobiologici, ciò di cui noi abbiamo effettivamente esperienza è composto da processi di tipo affettivo e cognitivo, da sensazioni e percezioni che consentono lo sviluppo di una coscienza emotiva ed in ultimo l’organizzazione in schemi e modelli di funzionamento dell’intera gamma di comportamenti che compongono lo spettro degli ambiti relazionali umani.
Sebbene la diretta relazione che intercorre tra i circuiti neurobiologici e gli emergenti processi cognitivi ed emotivi non sia ancora del tutto chiara, un crescente interesse sull’argomento ha portato a notevoli avanzamenti nella comprensione della relazione mente-cervello. Gli studi neurobiologici e psicobiologici hanno portato alla conoscenza della maggior parte dei circuiti neuronali sottostanti ai più disparati processi emotivi, cognitivi e comportamentali che nel loro insieme compongono il sistema “uomo”. Si è inoltre arrivati alla comprensione di come tali processi siano in costante relazione con l’ambiente esterno, che in particolare per l’essere umano è costituito principalmente dall’ambiente sociale, grazie al quale si sviluppano a pieno le proprietà emergenti, per l’appunto, dalla potenzialità della base biologica, emotiva e cognitiva.
Appare dunque evidente la stretta relazione che lega il processo di sviluppo sano di un individuo al suo ambiente di accudimento primario, e mette in luce il ruolo della figura di riferimento del bambino, il caregiver, come regolatore esterno dei processi emotivi e cognitivi, e quindi dell’organizzazione psicobiologica interna del bambino. Si può quindi affermare che l’attaccamento sociale, innato negli esseri umani, è in grado di modulare lo sviluppo cerebrale: una volta che questi circuiti si sono consolidati in determinati patterns di organizzazione psicobiologia, essi andranno ad influenzare il successivo comportamento sociale ed affettivo dell’adulto.
L’ossitocina sembra essere il neuropeptide che media le diverse tipologie di relazione d’attaccamento nelle sue distinte componenti attraverso le diverse fasi evolutive. Il coinvolgimento dell’ossitocina nelle diverse forme di attaccamento che si verificano durante tutto il ciclo vitale, da quello infantile a quella di coppia a quella genitoriale, ha sollevato l’ipotesi dell’esistenza di un unico circuito neuronale, già presente alla nascita, in grado di regolare le diverse tipologie di attaccamento presenti nelle varie fasi dell’esistenza, sulla base del contesto sociale ed endocrino (Marazziti et all. 2008).
Nelle ultime fasi di gestazione i livelli di ossitocina aumentano in modo considerevole, agendo in prevalenza sulla mammella e sull’utero. Durante il travaglio ed il parto provoca, infatti, le contrazioni delle fibrocellule muscolari lisce uterine, favorendo l’espulsione del feto. Invece durante l’allattamento la suzione del bambino sul capezzolo stimola il rilascio di ossitocina e prolattina, che a loro volta favoriscono la contrazione della muscolatura liscia attorno alle ghiandole mammarie, aumentando l’eiezione del latte. In questa fase sia madre che bambino sono in condizioni fisiologiche di ossitocina aumentata, ed è per questo che è plausibile supporre che questa possa rendere conto della natura biologica sottostante la creazione di quel profondo e solido legame che caratterizza le relazioni d’attaccamento tra madre e figlio: la mancanza di cure materne sembra alterare il normale sviluppo del sistema dell’ossitocina in bambini neonati (Marrazziti et al. 2008).
 È stato riscontrato un aumento significativo dei livelli di ossitocina nel flusso ematico a seguito dei rapporti sessuali dando supporto all’ipotesi che questa contribuisca, sinergicamente alla dopamina, alle funzioni di rinforzo di stimoli naturali, come il sesso, e quindi alla formazione di legami duraturi tra partner. Sia nei mammiferi maschi che femmine di diverse specie, l’ossitocina è importante nell’indurre il comportamento sessuale, l’eccitamento e l’orgasmo.
Anche negli esseri umani è stato mostrato un aumento di ossitocina nel plasma durante l’eccitazione sessuale, l’eiaculazione o l’orgasmo, similmente all’incremento mostrato dai roditori durante l’accoppiamento. (Caldwell, Young 2006). La sessualità umana si può essere evoluta per promuovere il legame di coppia attraverso l’implementazione dei comportamenti che massimizzano la frequenza e il grado di ossitocina rilasciata: l’intimità sessuale riproduce a livello fisiologico le basi neurali del parto e dell’accudimento primario, aumentando appunto il rilascio di ossitocina, e questo può servire a rafforzare il legame tra uomo e donna, dando inoltre supporto all’ipotesi dell’esistenza di un unico circuito psicobiologico implicato nei meccanismi sottostanti alla cementazione di un rapporto di coppia, ed emergenti a partire dai pregressi meccanismi sottostanti al legame tra madre e figlio.
Evidenze a favore della relazione tra le esperienze precoci di vita e alterazioni del sistema di ossitocina provengono da studi sui macachi rhesus adolescenti allevati a contatto con caregivers umani, che mostravano una più bassa concentrazione di ossitocina nel loro fluido cerebrospinale rispetto a quelli allevati dalla propria madre. Uno studio recente suggerisce un fenomeno simile anche negli esseri umani: infatti donne che hanno subito degli abusi o dei maltrattamenti nell’infanzia, hanno una concentrazione significativamente più bassa di ossitocina nel fluido cerebrospinale rispetto a donne che non riportano alcuna storia di abuso infantile (Ross, Young 2009). Questo dato fornisce ulteriori conferme del fatto che, come nei mammiferi non umani, le interazioni genitoriali precoci possono avere conseguenze stabili nel sistema regolato dall’ossitocina, che quindi influenzerà la cognizione sociale adulta e la capacità di instaurare relazioni significative tra partners.
In uno studio pubblicato nel 2009, Ditzen e colleghi hanno analizzato l’effetto della somministrazione intra-nasale di ossitocina in coppie durante una discussione conflittuale. Il campione è stato diviso in due gruppi cui è stata somministrata ossitocina oppure un placebo. I risultati riportati mostrano come l’ossitocina aumenti la durata di comportamenti positivi rispetto a quelli negativi durante la discussione tra partners, ed inoltre riduce il livello salivare di cortisolo a seguito del conflitto, sia negli uomini che nelle donne. Questo è in accordo con l’ipotesi che il sistema di regolazione dell’ossitocina, nelle sue varie componenti di modulatore delle emozioni, dello stress e dei rapporti sociali, è un potente predittore dell’esito positivo di una relazione a lungo termine, nonché del sostanziale benessere psicofisico dell’essere umano, e non solo.
È quindi intuibile la relazione che intercorre nel continuum del sistema di attaccamento mediato dall’ossitocina e la garanzia di un benessere modulato dalla relazione con gli altri, ed in particolare dal rapporto di coppia, come capacità intrinseca di gestione delle emozioni della comunicazione e del conflitto, e attraverso una riduzione dell’attivazione del sistema fisiologico dello stress.





martedì 10 settembre 2013

L’Attaccamento nel corso della vita: la relazione di coppia

La ricerca di un legame d’attaccamento privilegiato e selettivo con un’altra persona, ovvero di un legame emotivo dal quale derivi un senso di sicurezza individuale e che sia garante di un benessere psicologico, sembra costituire il primo motore che spinge l’individuo adulto ad impegnarsi in una relazione di coppia (Cutrona 2004, Obegi e Berant 2009). È, infatti, caratteristica degli esseri umani la necessità di un senso di condivisione di quello che di più intimo ci appartiene, ossia la condivisione delle emozioni e degli affetti più profondi che costellano la nostra esperienza come persone e il nostro viver quotidiano.
Come il bambino che attraverso la madre sviluppa e organizza la regolazione delle emozioni, che permette lo strutturarsi di una coscienza emotiva su sé stesso e sul mondo, così l’adulto ha necessità di instaurare dei legami significativi che gli permettano di dare un senso di continuità e coerenza alla propria esistenza. Il legame con il partner fa sì che ci si assicuri il bisogno di regolare le proprie emozioni in una diade, ricostituendo quella specifica  configurazione in cui le dinamiche affettive e le esigenze primarie di sicurezza vengono appagate dal rapporto con l’altro.
La continuità del bisogno di relazione sembra quindi un principio regolatore di tutta l’esistenza, e risponde a bisogni di continua stimolazione affettiva e cognitiva, che sulla base di determinati circuiti funzionali regolati al livello psicobiologico, potranno avere differenti esiti a seconda di come si sono strutturati a partire dalla prima infanzia e nel corso del successivo sviluppo dell’individuo.

 Continuità e cambiamento

Bowlby (1979) sosteneva che l’attaccamento fosse un sistema motivazionale che ci accompagna “dalla culla alla tomba”, mettendo in risalto la continuità del bisogno primario di relazione con un'altra persona che sia fonte di sicurezza e stabilità, lungo tutto il corso del ciclo vitale. Egli considerava la relazione madre-bambino e la relazione tra partner adulti dello stesso tipo, poiché entrambe caratterizzate dalle stesse funzioni e pattern comportamentali riscontrati nell’attaccamento infantile: nelle relazioni di coppia, si assiste alla ricerca di prossimità e contatto fisico, nonostante questo sia inizialmente congiunto all’attrazione sessuale, che nell’adulto diventa nel tempo garante di vicinanza emotiva e sostegno psicologico; continua, inoltre, a sussistere la protesta alla separazione, con stati d’ansia e angoscia all’allontanamento del partner; infine la funzione di rifugio sicuro e base sicura sembrano essere una costante nella percezione che un partner ha dell’altro, ossia la formazione di un legame che funga da “nicchia sicura”, che cioè da una parte protegga da situazioni di disagio e stress, e dall’altra dia la possibilità di conseguire le proprie aspettative di autoaffermazione nel mondo esterno, e di continuare il processo maturativo di differenziazione dell’individuo.
Questa sorta di continuità nel sistema d’attaccamento, dall’infanzia all’età adulta, ha dato luogo allo sviluppo dell’ipotesi prototipica, che postula, per l’appunto, una sostanziale rigidità e fissità degli schemi internalizzati nelle prime esperienze affettive, che continuano a modulare le esperienze relazionali lungo tutto il corso del il ciclo vitale. Così i modelli operativi interni fungono da filtri dell’esperienza, influenzando i processi cognitivi ed affettivi ed agendo come attributori di significato, condizionando in ultimo la risposta comportamentale messa in atto dall’individuo.
Ad ogni modo, è naturale che una totale sovrapposizione dei modelli di relazione “adulta versus infantile” è da considerarsi inadeguata, poiché elementi di discontinuità e cambiamento sono  parte integrante del processo evolutivo. In primo luogo si passa dal rapporto asimmetrico madre-bambino alla sostanziale simmetria e reciprocità della relazione tra adulti, bidirezionalità che si espleta nelle funzioni alternate di caregiving e carseeking: essere oggetto di dipendenza e al tempo stesso dipendente dall’oggetto, ossia fornire cure quando richiesto e chiederne quando se ne ha bisogno (Carli, Cavanna, Zavattini 2009).
In secondo luogo, va considerato il processo di plasticità e adattamento che comporta nell’essere umano la capacità di revisionare e ristrutturare i precedenti schemi, o modelli interni, a seguito di nuove e significative esperienze, durante l’intero arco di vita. Molti studi ipotizzano, infatti, la presenza di più modelli operativi, che operano in un sistema gerarchico a seconda della specificità del contesto e della relazione in questione.
Infine, particolare attenzione va posta ai sistemi motivazionali che s‘intrecciano nel dare forma alla peculiare relazione che si instaura nel rapporto di coppia e che la differenziano da tutti gli altri rapporti e coinvolgimenti emotivi che compongono lo spettro delle relazioni sociali umane. Questi sistemi comprendono l’attaccamento, l’accudimento e la sessualità.

Sistemi motivazionali nell’attaccamento di coppia

 Le molteplici dimensioni dei sistemi motivazionali interagenti nella formazione dei legami amorosi, che comprendono appunto l’attaccamento, l’accudimento e la sessualità, concorrono nella creazione delle complesse combinazioni che contraddistinguono ogni rapporto di coppia come una diade a sé stante, con la sua particolare dinamica intersoggettiva che ne definisce il “Senso del Noi” (Norsa, Zavattini 2009). I diversi sentimenti sperimentabili in una relazione andrebbero letti alla luce delle caratteristiche e dell’intreccio di questi tre sistemi, nonché come conseguenza dell’incastro o matching dei MOI appartenenti a ciascun membro della diade.
L’accudimento concerne una vasta gamma di comportamenti che risultano complementari ai comportamenti di attaccamento nel bambino, e che hanno l’obiettivo principale di fornire protezione. Anche negli adulti questo sistema è strettamente legato al sostegno dato al partner nei momenti di bisogno, al fine di favorire il senso di vicinanza emotiva e di conforto in situazioni che sono fonte di  stress e difficoltà. È quindi la capacità di offrire al proprio compagno quel rifugio sicuro, rispondendo con sensibilità, flessibilità e appropriatezza al disagio manifestato dal partner richiedente rassicurazione e conforto. Questo sistema è strettamente legato al sistema dell’attaccamento, si può dire che questi rappresentino le “due facce della stessa medaglia”, in quanto è proprio la bidirezionalità e bilanciamento del comportamento di caregiving e di careseeking che costituisce il nucleo della base sicura in una relazione di coppia.
La sessualità rappresenta il sistema motivazionale e comportamentale che sembra contraddistinguere maggiormente le relazioni di attaccamento romantico dalle relazioni di attaccamento infantile. Nonostante questo, già al suo tempo, Freud fu il primo a individuare delle sorprendenti similitudini tra coppie di amanti e coppie madre-figlio per ciò che concerne l’intimità fisica. In particolare, all’inizio di una relazione, i partner sessuali spendono la maggior parte del tempo impegnati in un reciproco guardarsi negli occhi, abbracciarsi teneramente, e baciarsi con un prolungato contatto faccia a faccia, in maniera simile a come si comportano le diadi madre-bambino. Si è inoltre riscontrata la presenza, nelle coppie di amanti, di un linguaggio abbastanza simile al baby-talk.
Molti studi evidenziano la presenza degli stessi circuiti neurobiologici sottostanti alla modulazione del comportamento d’attaccamento madre-figlio e del comportamento sessuale tra partner. L’ossitocina è un neuropeptide rilasciato sia nelle ultime fasi della gravidanza, nel parto e nell’allattamento, sia nella fase di massima tensione sessuale durante l’amplesso degli amanti.
L’attrazione sessuale sembra essere il primo fattore scatenante nella formazione di un legame di coppia, e molti studiosi, al di là delle componenti edoniche e delle finalità evoluzionistiche della specie, considerano la sessualità come funzionale all’attaccamento, poiché stimola la ricerca del contatto con l’altro e alimenta il mantenimento del legame. L’attrazione sessuale aiuta a garantire che gli adulti cercheranno e manterranno la prossimità agli individui a cui potranno diventare attaccati.
L’equilibrio dinamico fra questi tre sistemi motivazionali garantisce un corretto funzionamento della coppia e lo sbilanciamento verso un polo, quale può essere quello determinato da una particolare fase del ciclo vitale, come ad esempio la nascita di un figlio, che può comportare una diminuzione dell’attivazione del sistema sessuale e di attaccamento in funzione dell’aumento del sistema di accudimento verso un terzo, che può portare la coppia a momenti di crisi, in cui l’aspetto più critico riguarda proprio la capacità di ripristinare un corretto bilanciamento dei tre sistemi.
La riuscita di un rapporto di coppia dipende quindi dalla capacità di regolazione emotiva della diade che comporta un continuo monitoraggio affettivo rispetto alle esigenze dei due partner di mantenere un equilibrio dinamico tra i sistemi motivazionali  coinvolti nella relazione. Un fattore particolare che influenza questo processo è rappresentato dal particolare incastro dei MOI dei due partner, che determinerà lo stile relazionale, la competenza comunicativa e la capacità di gestione del conflitto messi in atto nella diade (Castellano, Velotti, Zavattini 2010).

 MOI e attaccamento nella coppia

L’incrocio dei modelli rappresentazionali dei due partner produce una gamma di combinazioni dagli esiti relazionali diversificati (Cavanna 2009):

-       Matching sicuro-sicuro: sono coppie contraddistinte da flessibilità e interindipendenza emotiva, con modalità relazionali improntate a riflessività e coerenza, i partner affrontano il tema degli affetti con realismo e consapevolezza esprimendo capacità di modulazione e regolazione affettiva, sapendo gestire il conflitto in maniera propositiva e propulsiva alla crescita individuale e della coppia.

-    Matching sicuro-insicuro: è una relazione potenzialmente in grado di costituire un esperienza emozionalmente correttiva dello stato mentale del partner insicuro, ma evidenze empiriche riscontrano una diversità degli esiti a seconda del genere sessuale del partner insicuro, infatti la riorganizzazione dei propri schemi disadattivi avviene con più facilità quando il partner insicuro è la donna.

-  Matching insicuro-insicuro:  sono coppie in cui emergono forti aspetti di insoddisfazione, conflittualità e difficoltà, ma che presentano paradossalmente vari gradi di adattamento diadico e diversi pattern caratteristici in funzione del tipo di incastro e di stile d’attaccamento insicuro dei partner: 

 Distanziante/distanziante > i bisogni di accudimento, dipendenza e vulnerabilità sono in buona parte negati. L’enfasi è posta sull’indipendenza ma risultano disregolati sul piano emotivo, evitano il conflitto.                
Preoccupato/preoccupato > amplificano i bisogni di accudimento e vicinanza anche se questi non sono mai del tutto “saturabili”, entrano spesso in disaccordo e in conflitto con atteggiamenti di rifiuto reciproco.
 Distanziante/preoccupato > presentano una difficoltà di sintonizzazione e regolazione reciproca, i livelli di conflitto possono essere elevati ed è particolarmente bassa la soddisfazione tra i partner. Ciononostante sono coppie la cui stabilità è paragonabile a quella delle coppie caratterizzate da pattern di attaccamento sicuro.

L’evidenza della stabilità di legami percepiti come insoddisfacenti dagli stessi componenti della coppia porta alla riflessione sul tema dell’uso dell’altro, che può essere di tipo propulsivo, teso verso una crescita personale tramite l’integrazione di parti di sé all’interno di una matrice intersoggettiva composta appunto dalla diade, o al contrario di tipo collusivo dove l’altro diventa l’estensione delle parti negate, proiettate e scisse della propria identità. In questo modo la relazione diventa una forma di difesa per la propria integrità psichica, di cui si ha necessità per mantenere una costante ed una coerenza interna che dia una sorta di continuità con i modelli interiorizzati a partire dalle prime esperienze relazionali affettive e di attaccamento, anche se negative (Norsa, Zavattini 2009).


“La costruzione dell’identità attraverso i media”

Analizzando la società odierna è necessario approfondire come lentamente i media si siano fatti portavoce delle variazioni delle mode e dei desideri della collettività, prontamente decisi nei consigli d’amministrazione delle reti televisive nazionali e fissata poi nelle menti dei telespettatori attraverso messaggi subliminali e pubblicità. Questo processo ha portato verso un progressivo controllo da parte dei media sui processi di sviluppo educativi e non solo, rendendosi l’opera di omologazione principale delle masse e in tal modo la prima agenzia del credo normativo pubblico.
Il credo normativo è per l’appunto ciò che dalla maggioranza è ritenuto normale a seguito della ripetizione quasi ridondante di un determinato messaggio, il quale diventa talmente radicato negli inconsci collettivi da essere accettato e immagazzinato senza alcuna analisi critica sul significato implicito del messaggio stesso. Parallelamente alla crescita di questo fenomeno si assiste a una crescente passività e diminuzione della consapevolezza della maggioranza dei cittadini sottoposti a questo subdolo processo di condizionamento collettivo cosi che avviene la normalizzazione culturale di modelli comportamentali sulla sessualità devianti e poco attuabili nella realtà psicosociale. Ciò che ne consegue è un aumento di ansia collettiva riguardo alle proprie prestazioni sessuali e al raggiungimento di un’immagine di sé che rispecchia esclusivamente caratteristiche standardizzate.
Com’è di naturale intuizione è probabile che dietro a tutte queste azioni con fine manipolatorio ci siano le grandi industrie commerciali e le forze pubblicitarie delle multinazionali volte a rendere “prodotto” qualunque cosa possa essere fonte di guadagno. E sicuramente il sesso è fonte di guadagno. E questo si nota nell’analisi delle singole pubblicità che presentano uomini e donne sessualmente attraenti e, con caratteristiche di bellezza disegnata sulla perfezione dl corpi statuari che presentano qualsivoglia prodotto commerciale, primariamente alcolici, macchine, profumi e prodotti alimentari,  rendendo poco visibile il messaggio subliminale per cui acquistando quel prodotto specifico la qualità della vita (sessuale) migliorerà sicuramente: “la pubblicità, la televisione e la carta stampata ci propongono corpi irreali, digitalizzati, trattati manipolati, di carta e di plastica, il cui scopo è farci sognare, desiderare, consumare” cit. Donatella Bersan, Indignate 2011.
I bambini e gli adolescenti sono i primi ad essere maggiormente soggetti all’influenza mediatica: vuoi per genitori distratti, vuoi per genitori assenti, essi  passano più di 4 ore davanti al televisore o al computer, e le loro strutture cognitive, ancora in formazione, non sono del tutto in grado di compiere un’analisi critica e consapevole rispetto a ciò che si sta guardando, soprattutto se non c’è nessun adulto a poter delucidare le fonti del messaggio, qualunque esso sia. Cosi i bambini in particolare assorbono come spugne i messaggi che dalla TV vengono veicolati: dalla violenza, ad una sessualità sempre più esplicita e volgare, dall’importanza dell’avere gli oggetti di tendenza ed i vestiti più alla moda, fino ad un’incessante costruzione di una visione superficiale della vita, dove non si sa più chi si è senza quei determinati oggetti che rappresentano per volere altrui l’identità dei singoli individui che crescono oggigiorno in questa società.


“La donna come Barbie”

Per approfondire come la nascita della tv abbia contribuito all’aumento della perdita dell’identità, e più in profondo alla confusione del significato della sessualità, va considerato più che altro il suo coinvolgimento nel promuovere modelli sociali di riferimento e nel veicolare messaggi pubblicitari, volti ad indurre l’utente a consumare il prodotto, qualsivoglia esso sia. Tra questi prodotti risalta in particolare la pubblicizzazione di alcuni giocattoli per bambini: vorrei a tal proposito considerare la nascita della bambola più famosa del mondo, Barbie, come il simbolo materiale e concreto di ciò che ha dato inizio alla distorsione e costruzione del corpo femminile come oggetto di merce e strumentalizzazione del potere associato alla conformazione collettiva rispetto ad un estetica finta, di plastica (in molti casi nel vero senso della parola) a discapito della perdita dell’individualità ed autenticità della persona.
I bambini sono i primi a subire le influenze mediatiche non solo attraverso programmi televisivi ma anche attraverso quello che di più naturale ci possa essere nelle fasi evolutive di crescita: il gioco. Il gioco è per l’appunto una fase di transizione e simulazione della realtà che consente di apprenderne i suoi reali contenuti.
Milioni di bambine sono cresciute e continuano a crescere con il modello di questa bambola perfetta, con un corpo da pin up e il sorriso sempre stampato, trucco perfetto, la messa in piega e gli abiti alla moda. Peculiarità di questo giocattolo è che rappresenta il corpo di una donna adulta nuda (Barbie ha un seno ben definito) e pertanto porta in sé la proiezione di un’immagine irrealistica e fittizia di come dovrebbe essere una persona adulta di sesso femminile. Inoltre lo stereotipo della donna bambola bionda taglia 40  è facilmente associabile alle modelle proposte come icone della moda femminile. Nonostante molte campagne di opposizione si sono combattute contro il sottostante concetto di “magro è bello” e contro il diffondersi di stereotipi di ragazzine anoressiche che spopolano nelle riviste di moda e nelle presentazioni dei mass media, la forza con cui questo modello si è imposto nella società occidentale ha contribuito al diffondersi del malessere narcisistico dato dalla distorsione dell’immagine di Sé e del non riconoscimento della propria autenticità come unica e pertanto diversa dalle altre.
Infine Barbie non invecchia mai: la chirurgia plastica risulta essere lo strumento prediletto dalla proposta mediatica per raggiungere quello stato di “bellezza” ed identificazione con questo modello: dal soddisfacimento dell’ossessione per un corpo perfetto, fatto su misura, alla possibilità di fissare quel corpo nel tempo, privandolo della sua naturale evoluzione e significato, poiché privato di ogni contenuto quel corpo, iniziando a deteriorarsi per la vecchia, perderà ogni valore.


Breve analisi dell’evoluzione sessuale e della percezione odierna di sessualità in occidente.

L’essere umano è un sistema complesso poiché a partire dai più semplici processi della chimica e della biologia di base, emerge la coscienza, o il pensiero consapevole di chi siamo e che ruolo abbiamo nel mondo. La dinamica implicita nell’evoluzione del pensiero si sviluppa quindi dalle costanti relazioni e connessioni neurali che danno voce alla complessità intrinseca di ogni individuo e che compongono la materia base da cui scaturiscono le proprietà della mente. Ogni individuo è inoltre inserito in una fitta rete di relazioni sociali che ne compongono l’ambiente esterno, dalla nascita alla morte, e che rappresentano il contesto culturale entro cui si svilupperanno l’individualità soggettiva, le competenze  personali, e che gli permetteranno di vivere un vita socialmente integrata ed emotivamente soddisfacente.
La sessualità è un aspetto fondamentale del comportamento dell'essere umano e comprende quegli atti finalizzati alla riproduzione, alla ricerca del piacere ma anche sociali, che si sono sviluppati in relazione alle proprietà tipiche dell'apparato riproduttivo. Infatti, l'ambito sessuale influenza in maniera considerevole oltre che l'evoluzione socio-culturale a livello globale, anche la crescita individuale della persona coinvolgendo pienamente la sua vita relazionale.
Per analizzare correttamente la sessualità umana occorre innanzitutto distinguere tra sesso biologico e identità sessuale, intesa come la percezione soggettiva di appartenere al genere maschile o femminile a prescindere dalla componente prettamente biologica.
Dall’infanzia all’adolescenza fino all’età adulta la superficie corporea rimane il primo organo sensoriale attraverso cui conosciamo l’ambiente esterno e costruiamo le rappresentazioni cognitive su noi stessi e sul mondo. Un sano rapporto con il proprio corpo è quindi il primo induttore di una percezione sensoriale e sessuale che fin dalla tenera età predisporrà l’individuo ad un vissuto pieno e consapevole rispetto alla sua identità ed alle sue esperienze sessuali nel corso della vita futura, garantendone pertanto un vissuto soddisfacente .
Su questa base biologica si instaura presto una sovrastruttura culturale Il concetto di sessualità si compone infatti di un duplice aspetto: natura e cultura. È, infatti, dal substrato biologico che si è andata definendo nella storia dell’umanità la concezione di ruolo appropriato ad un determinato e specifico corpo, e di sicuro la diversità dell’anatomia e della fisiologia degli apparati sessuali maschili e femminili ha posto le basi per una differenziazione anche a livello socio-culturale. Simbolicamente parlando rispetto all’anatomia dei genitali maschili e femminili si può notare come l’uomo sia “proiettato” verso l’esterno mentre la donna “accoglie” al suo interno. Questo ha generato nella psiche archetipica collettiva dell’umanità già le prime differenze comportamentali e di ruolo: l’uomo si fa cacciatore ed esploratore del suo ambiente e la donna si fa veste, al contrario, di colei che mantiene l’ambiente intimo, la famiglia e la casa, nell’ordine ed equilibrio di accoglienza e sensibilità rispetto ai bisogni dei suoi componenti.
Si nota quindi la profonda interazione che avviene tra eventi naturali e culturali nel determinare il sesso e il ruolo ad esso corrispondente: l’evoluzione culturale dell’uomo ha da sempre influenzato i modelli di rappresentazione collettivi rispetto agli stili comportamentali più adeguati ad un relativo “sesso”. Il credo normativo culturale di una determinata epoca storica in uno specifico luogo geografico ha da sempre inciso nello sviluppo di regole, norme e credenze rispetto al maschile e femminile e alla giusta interazione tra essi, considerando come deviante qualunque scostamento da tali condizioni implicitamente sostenute da quello specifico modello culturale in questione.
Nella storia della società occidentale si è assistito per secoli a un lentissimo e progressivo cambiamento che solo a partire dagli anni ‘70 ha subito una radicale quanto brusca inversione di modelli, valori e costumi condivisi dalla maggioranza della popolazione rispetto alla sessualità ed a ciò che essa concerne, come appunto i ruoli dell’uomo e della donna. A partire dagli esordi naturali della storia dell’uomo in cui le società primitive vivevano il sesso al pari di qualunque altro istinto fisiologico, si è andati verso una lenta inibizione dei temi legati alla sessualità, inizialmente determinata dalla comprensione, niente affatto ovvia, del rapporto tra sesso e gravidanza. Questo evento ha probabilmente determinato il cambiamento dei rapporti tra maschi e femmine, poiché le femmine portando in grembo qualcosa che dipendeva ed era di proprietà del maschio, ne divenivano anche loro proprietà. Salvo rare eccezioni tutta la storia è caratterizzata da un rapporto non pari tra i due sessi. A questo si aggiunse, con lo sviluppo delle culture ad impostazione religiosa cristiano-cattolica, la demonificazione del sesso, per secoli associato al peccato. Ciò ha generato tabù e sensi di colpa verso ciò che di più naturale vi sia tra i comportamenti dell’essere umano. Invece negli anni ’70 si assiste ad una rivoluzione culturale: l’emancipazione femminile, dovuta in gran parte all’introduzione degli anti-concezionali che per la prima volta nella storia umana permettevano di separare il sesso dalla riproduzione.  Su questo scenario, che prometteva di riportare il sesso ad una dimensione più naturale, si è insinuata ed aggiunta in maniera sempre più evidente la televisione e l’influenza dei mass media i quali, con una rapida evoluzione rispetto alla precedente epoca storica, e soprattutto negli ultimi anni, hanno portato ad una sconcertante quanto degenerata visione della sessualità quale merce di scambio, oggetto di strumentalizzazione del potere mediatico, nonché alla deprivazione del significato più profondo che in essa risiede, quale appunto parte dell’identità personale e dello sviluppo relazionale significativo con noi stessi e con un altro diverso da noi.
Osservando quindi come si sia evoluta la percezione della sessualità in relazione alla storia dell’uomo si arriva ad un quadro odierno di grande confusione, incertezza, perdita di valori e di significato. In particolare per le nuove generazioni, che comunque provengono da un retaggio culturale come abbiamo visto permeato dall’ambivalenza riguardo ai temi della sessualità, e si ritrovano in un contesto sociale ancora più ambiguo e dissociato, dove il sesso viene visto al pari di qualunque altro prodotto commerciale e dove la soggettività personale viene ad essere intaccata da modelli estetici, sociali e culturali privi di realtà ma esclusivamente volti a promuovere un omologazione di massa senza di identità.