Elena Cossu
- Elena Cossu Psicologa Psicosessuologa
- Roma, Roma, Italy
- Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi del Lazio con N° 19999. Psicoterapeuta Gestalt Analitica presso Il Centro Studi Psicosomatica, (CSP,IGA) Ha conseguito la Laurea Magistrale in Neuroscienze Cognitive e Riabilitazione Psicologica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza. Ha svolto un Master biennale in Sessuologia Clinica e Criminologica presso l'Associazione Italiana di Sessuologia Clinica.
giovedì 26 settembre 2013
martedì 24 settembre 2013
Influenza della cultura cattolica nella concezione dei ruoli sessuali e della sessualità in occidente
Il ruolo della cultura
nell’attribuzione di specifici tratti maschili o femminili nella percezione
collettiva della sessualità è ormai indiscusso, e ripercorrendo il corso della
storia della società occidentale, non si può far a meno di menzionare
l’influenza secolare del Cattolicesimo e della religione più in generale. Il
rapporto tra sesso e religione è da sempre stato contraddistinto da ambiguità e
negazione, il giudizio prevalente della Chiesa vede tutte le attività sessuali
come sospette e unicamente necessarie ad assicurare la procreazione. Questo
atteggiamento ha da subito condotto alla scissione, prevalentemente nella
figura femminile, tra un sesso
volgare e peccaminoso ed un amore virtuoso e casto (la donna è vista come colei
che séduce e quindi attrae tramite
l’arte erotica del suo corpo: nella Bibbia Eva è la peccatrice poiché coglie la
mela e si rende conto delle sue nudità), con rapporti sessuali legittimati
esclusivamente ai fini del soddisfacimento coniugale e del conseguimento del
continuo della stirpe umana. Si deve inoltre all’interpretazione della Bibbia
data dalla Chiesa l’implementarsi del senso di colpa legato al sesso e al
peccato, non direttamente riscontrabile nelle Sacre Scritture in cui Gesù aveva
anzi a che fare soprattutto con prostitute e con la feccia della società
ebraica di quel tempo: nella parabola dell’adultera impedisce la sua la
lapidazione facendo capire agli ebrei che sono tutti colpevoli di adulterio ed
evitando cosi la proiezione della suddetta colpa sull’adultera. Con il “peccato
originale” si indica inoltre la colpevolezza di tutti verso tutti, rinforzando
questo tema di colpa collettiva e imprescindibile alla nascita. Nello specifico
è poi con il potere temporale e la sua politicizzazione che la Chiesa con la
distribuzione di colpe e di peccati trovò un notevole mezzo di sottomissione
degli uomini al suo erigersi di giudicatore di etica universale.
Va inoltre considerato un
altro aspetto subliminale che sottostà alla visione cattolica: sovvertendo
l’ordine naturale per cui la creazione invece che a Eva viene affidata ad Adamo
rinforza e legittima l’idea del patriarcato e quindi dell’indiscussa supremazia
maschile sulla donna.
La visione puritana della
religione sulla sessualità ha dominato indisturbata per quasi duemila anni di
storia occidentale, arrivando forse all’esasperazione in epoca vittoriana con
l’inevitabile conseguenza del fiorire di innumerevoli bordelli e luoghi di
perdizione nei centri urbani, necessari per compensare il bisogno istintivo e
pulsionale degli uomini che ovviamente non potevano soddisfare con le loro
mogli. Veniva cosi rinforzato il concetto per cui le donne di facili costumi e
le donne rispettabili appartenessero a due categorie e due mondi completamente
distinti dando origine alla dicotomia tutt’oggi presente della “donna santa” e
la “donna puttana”. Inoltre negli uomini il comportamento adultero era
tacitamente accettato mentre le donne “rispettabili” che osassero esprimere la
loro sessualità o fossero colte in comportamenti adulteri erano motivo di grave
scandalo sino all’allontanamento dalla società. Esisteva dunque, una vera e
propria doppia morale che regolamentava la sessualità tra uomini e donne.
Nel IXX secolo l’approccio
religioso fu sostituito da quello medico, che tuttavia inizialmente mantenne
un’impostazione alquanto rigida nei confronti del sesso, alcuni medici ad
esempio sostenevano che le pratiche sessuali slegate dalla riproduzione, (ad
esempio la masturbazione), arrecassero gravi danni alla salute.
Solamente nell’ultimo
secolo la società occidentale è arrivata ad una progressiva “liberalizzazione
sessuale”, procedendo lentamente verso il cambiamento ed una profonda
trasformazione dei codici morali e delle etiche comportamentali sino ad allora
celate dietro al velo dello scandalo e del tabù. Nel 1948 e nel 1953 fu
pubblicato in America il “Rapporto Kinsey” rispettivamente sul comportamento
sessuale dell’uomo e della donna. Mentre nel 1966 il ginecologo William Masters
e la psicologa Virginia Johnson pubblicarono il libro “Human Sexual Response”
in cui viene affrontato in modo approfondito lo studio della fisiologia ed
anatomia sessuale umana.
Ma è solo negli anni
Sessanta che ha iniziato ad emergere un atteggiamento radicalmente diverso nei
confronti della sessualità, tale da poter essere descritto come una vera e
propria rivoluzione. L’invenzione della pillola anticoncezionale del 1960 segna
la svolta decisiva nell’emancipazione femminile, svincolando la sessualità da
un’ottica di controllo e regolazione della fecondità e procreatività,
proiettando invece la donna verso la libertà delle proprie scelte sessuali e
liberandosi del peso delle vecchie rigidità sociali e religiose.
In Italia, in particolare
la rivoluzione dei costumi sessuali ha subìto un repentino susseguirsi di fasi
e di eventi che in soli cinquant’anni hanno condotto ad una situazione sociale
radicalmente opposta e in continua evoluzione:
-
L’avvento
del femminismo in quegli anni ha contribuito alla rivendicazione dei diritti
delle donne con il particolare intento di modificare la divisione dei ruoli
maschili e femminili e di rimettere quindi in discussione la gerarchizzazione
del potere associata alla differenza di genere.
-
Il 1°
dicembre 1970 il divorzio veniva introdotto nell’ordinamento giuridico italiano
con la legge n.898 “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (Legge Fortuna-Basini).
-
Il 22
maggio 1975 la legge n.194 che consente alla donna di ricorrere
all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) in una qualunque struttura
pubblica nei primi 90 giorni di gestazione.
Si assiste dunque al
riassestamento dei diritti e dei doveri di uomini e donne: “Io sono mia” (uno
degli slogan più espressivi del movimento delle donne) rimandava proprio al
processo di riappropriazione del proprio corpo e della propria storia che
ispirò il femminismo di quegli anni. La nuova consapevolezza che si alimenta di
pari passo al processo di auto-organizzazione della donne, parte proprio dalla necessità
di ricominciare dal corpo e dall’importanza simbolica e sociale della
sessualità. Questo processo va di pari passo con l’aumento dell’indipendenza
economica delle donne che, nonostante continuino a combattere per
riappropriarsi della posizione sociale che era stata loro negata per secoli, ha
portato ad un progressivo sbilanciamento nella divisione dei ruoli, poiché non
è stata accompagnata da una parallelo riadattamento del ruolo maschile. Cosi da
una parte gli uomini rimangono orientati sulla soddisfazione personale
lavorativa e sul mantenimento economico della famiglia, e dall’altra le donne
anch’esse puntano all’autorealizzazione professionale e personale nella società
rimanendo comunque legate al compito secolare di moglie, madre e donna del focolare.
I compiti domestici vengono raramente divisi tra i partner e questo risulta
chiaramente a carico delle stesse che aggiungono ore di lavoro a quello
necessario al sostentamento economico. Tutto ciò ha prodotto delle sorte di
“super donne” con caratteristiche maschili quali la determinazione e
l’orgoglio, la prevaricazione e la combattività che se da un lato possono
essere modulate a favore di un’efficace coordinazione della vita, dall’altro
hanno creato un profondo disagio nella percezione maschile della donna e di se
stessi in relazione alla donna: se la donna è il sesso forte, quale sarà quello
debole?
Queste sono alcune delle
considerazioni che rovesciano l’immaginario collettivo rispetto ai “ruoli
sessuali” e che hanno contribuito all’aumento considerevole di richieste di
aiuto rispetto a problemi di coppia di origine relazionale e sessuale, occorre
infatti riscoprire il proprio ruolo come persona prima di tutto, entrare in
contatto con le proprie emozioni di base e come essere sessuato con il
naturale bisogno di essere appagati in una relazionale affettiva e sessuale
soddisfacente.
Bibliografia
- “Sessualità e stili
di vita: opinioni e comportamenti femminili” Alvisi,
Gallerani, Garelli 1996
- “Indignate, è
arrivato il momento di dire basta” D. Bersani. Newton Compton
Editori
2011
lunedì 23 settembre 2013
martedì 17 settembre 2013
La sessualità da un punto di vista antropologico-culturale
Analizzando nello specifico le relazioni sociali e le differenze di genere relative a
determinate caratteristiche temperamentali “maschili o femminili” e mettendo a
confronto diversi modelli culturali appartenenti a differenti contesti etnici e
geografici, risulta evidente che una netta differenziazione delle
caratteristiche di genere non esita se non come riconducibile alla particolare
cultura di appartenenza. Margaret Mead fu la prima ad indagare la relazione tra
personalità dominante e il genere sessuale in diverse culture, e con i suoi
libri “Sesso e temperamento in tre
società primitive” del 1935 e “Maschio
e femmina” del 1949 si può inaugurare, a livello antropologico, lo studio
delle differenze di genere. La Mead mette a confronto le personalità maschili e
femminili di tre popolazioni tribali: gli Arapesh presentano, uomini e donne,
una personalità alla quale si può riconoscere carattere materno e femminile, in
quanto entrambi sono educati alla collaborazione, alla non aggressività, alla
comprensione delle necessità e delle esigenze altrui; in netto contrasto con
queste caratteristiche tra i Mundugumur tanto gli uomini quanto le donne si
sviluppano in individui duri e crudeli, aggressivi e con un’alta carica
sessuale, con gli aspetti materni ridotti al minimo. Entrambi i sessi si
avvicinano ad un tipo di personalità che nella nostra cultura può essere
rappresentata tipicamente in un maschio violento e senza morale. In entrambe
queste culture non vi è alcun contrasto tra i sessi, in quanto la mitezza o
l’aggressività appartiene ad ambedue i componenti della tribù senza distinzione
alcuna. Nella terza tribù, i Ciambuli, infine, la Mead riscontra un vero e
proprio rovescio della nostra cultura, con la donna in veste di partner
dominante, direttivo, impersonale, e l’uomo nella posizione di minore
responsabilità e di soggezione sentimentale.
Queste tre
situazioni diverse e contrastanti suggeriscono in maniera molto chiara che
quegli elementi che noi per tradizione consideriamo femminili, come la
passività, la sensibilità o la propensione a curarsi dei bambini, possono, in
una tribù, entrare a far parte delle caratteristiche maschili, in un’altra non
appartenere ne agli uomini ne alle donne, e cosi altrettanto per gli elementi
caratteriali che invece consideriamo prettamente maschili, portando quindi alla
logica conclusione per cui occorre considerare ogni caratteristica
temperamentale che influenzi la scelta di ruolo come necessariamente slegata
dal sesso biologico.
Bibliografia
“Antropologia Culturale” E. A. Schultz,
R. H. Lavenda, Zanichelli, 2006
Lo sviluppo sessuale: influenza dei fattori genetici e ambientali
Lo
sviluppo dell’identità sessuale di un individuo è un evento che ha origine da
complesse ed intersecate relazioni tra il suo corredo genetico ed il suo
esplicitarsi in un ambiente sociale e culturale esterno che ne indirizzerà in
prevalenza lo sviluppo verso un particolare modello soggettivo di
rappresentazione interna.
Il sesso cromosomico individuale è
determinato al momento stesso della fecondazione. Tuttavia inizialmente le
differenze sessuali sono pressoché nulle ed elicitate invece da una catena di
eventi a cascata che dai geni, agli ormoni, alla struttura e funzione del
cervello, portano al dimorfismo sessuale e comportamentale. Infatti nella
specie umana, la differenziazione sessuale inizia solo dopo la sesta settimana
di gestazione, e fino a quel momento il feto è bisessuale ed evolve la sua
definizione attraverso un procedimento che interessa il sistema neuroendocrino,
a partire dal sesso genetico (XX e XY). Il programma di base della natura è
predisposto per creare una femmina: l’embrione geneticamente maschio per
potersi sviluppare come tale, deve sopprimere il programma di base tramite
l’attivazione di un processo di defemminizzazione neuroendocrina, e quindi
tramite l’induzione di un programma di mascolinizzazione, attraverso l’azione
di un gene presente sul cromosoma Y, chiamato SRY (sex determinating region on the chromosome Y) responsabile dello
sviluppo dei testicoli. Non è chiaro
come il feto maschile riesca a convertire il programma di base, e tra l’altro
non pare che sia il testosterone a realizzare la conversione bensì un ormone
femminile, l’estradiolo, opportunamente modificato in testosterone. In effetti
non esistono ormoni sessuali solo maschili o solo femminili, in quanto il
testosterone è presente anche nelle femmine, seppur in quantità inferiori,
analogamente agli estrogeni presenti nel circolo ematico dei maschi. Di fatto,
il cervello ha nei due sessi, lo stesso numero di recettori per tutti gli
ormoni sessuali e tutte queste interazioni rendono difficile il compito di
definire una differenza netta nel comportamento sessuale di uomini e donne.
In ogni
caso a partire dalla sesta settimana inizia il processo di differenziazione
sessuale, che avrà il suo periodo critico tra l’undicesima e la diciassettesima
settimana, e riguarda oltre che l’apparato sessuale interno ed esterno anche le
strutture del sistemo nervoso in generale, che ne sostengono le
diversità.
Negli
ultimi anni, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie di neuroimmagine (PET e
fMRI) è stato possibile migliorare la comprensione delle differenze biologiche
tra i sessi (su modello animale), per quanto concerne attività, struttura e
biochimica del cervello: in giovani ratti maschi adulti è stata mostrata una
relazione diretta tra il livello di testosterone nel sangue e l’attività
sessuale, e la castrazione riduce l’attività sessuale al pari della diminuzione
del testosterone. Analogamente si nota un comportamento molto simile nelle
femmine adulte di ratto, dove gli estrogeni ed il progesterone svolgono un ruolo
attivo nella stimolazione dell’attività sessuale, coincidente con l’estro, il
periodo fertile in cui si ha l’ovulazione.
Nei
primati, quali i giovani macachi, non è stata invece riscontrata una
correlazione cosi diretta tra la stimolazione neuroendocrina e la messa in atto
di comportamenti sessuali: infatti se si sterilizza un macaco maschio che si è
accoppiato più volte si nota una riduzione molto limitata dell’attività sessuale anche se il testosterone
subisce un netto calo nella concentrazione ematica. Le stesse considerazioni
possono essere fatte per le femmine, la cui attività sessuale non coincide
necessariamente con l’estro. Quello che si evince dall’osservazione del
comportamento sessuale dei macachi è che questo sia legato più alla formazione
di coppie e legami sociali piuttosto che alla concentrazione ematica degli
ormoni. Appare quindi evidente come in specie più evolute e complesse
l’attività sessuale sia svicolata dal controllo diretto degli ormoni sessuali,
perché l’influenza dei centri corticali superiori prevale su quella
dell’ipotalamo.
È quindi
interessante notare come il comportamento della nostra specie si sia evoluto a
partire da semplici schemi automatici, sotto il controllo di strutture
cerebrali più primitive risiedenti nel tronco dell’encefalo, quali appunto
l’ipotalamo e ed altre aree limbiche, per poi aumentare progressivamente la
complessità delle sue strutture corticali e delle interazioni che esse
stabiliscono con l’ambiente circostante, divenendo in ultimo un tutt’uno nella concausa
dello sviluppo di un determinato comportamento specie-specifico (in questo caso
la risposta sessuale).
È quindi
inscindibile nello sviluppo dell’identità sessuale di un individuo l’influenza,
oltre che degli eventi genetici prenatali appena considerati, di tutto il
corredo comportamentale e dalle aspettative postevi sopra dal contesto sociale
e ambientale in cui l’individuo
nasce, cresce e sviluppa la sua personalità soggettiva. Infatti, lo sviluppo
corticale necessario all’elaborazione delle informazioni e alla consolidazione
di specifici modelli e schemi di rappresentazione cognitiva rispetto a se
stessi e al mondo, verranno fortemente influenzati dalla rete sociale in cui il
soggetto è inserito fin dalla nascita. Già la stessa attribuzione di uno
specifico sesso data dalla conoscenza del genere crea un’aspettativa che
condizionerà come il neonato verrà educato, quali relazioni e condizioni
sociali sperimenterà ed altri tipi di esperienze che in ultimo rinforzeranno
l’attribuzione primaria del genere sessuale. In un certo senso si può affermare
che il sesso biologico è anch’esso una “costruzione sociale”.
È quindi
necessario sottolineare che una corretta interpretazione dei processi di
sviluppo del sesso e del genere potrà emergere chiaramente solo da una visione
d’insieme delle interazioni esistenti tra tutti i fattori genetici ed
ambientali, biologici e socioculturali, interni ed esterni all’individuo.
“Fisiologia del comportamento” N. R. Carlson. Piccin 2002
“Sexing the brain” L. Rogers The Guernsey Press Co Ldt, GB 1999
“Psiconeuroimunologia” F. Bottaccioli, Red Edizoni, Novara, 1995
“Genere, sesso, cultura” M. Busoni Carocci Editore, Roma 2000
sabato 14 settembre 2013
venerdì 13 settembre 2013
Basi neurobiologiche dell’attaccamento nel corso della vita: ruolo dell’ossitocina
La
complessità dell’organizzazione dell’organismo umano, inteso come sistema
aperto, rende possibile il costante apprendimento di nuovi dati che compongono
la memoria di ciò che siamo e sappiamo sul mondo. Questo sistema è inoltre
multi-componenziale poiché, a partire da processi fisici organizzati in
circuiti neurobiologici, ciò di cui noi abbiamo effettivamente esperienza è
composto da processi di tipo affettivo e cognitivo, da sensazioni e percezioni
che consentono lo sviluppo di una coscienza emotiva ed in ultimo
l’organizzazione in schemi e modelli di funzionamento dell’intera gamma di
comportamenti che compongono lo spettro degli ambiti relazionali umani.
Sebbene
la diretta relazione che intercorre tra i circuiti neurobiologici e gli
emergenti processi cognitivi ed emotivi non sia ancora del tutto chiara, un
crescente interesse sull’argomento ha portato a notevoli avanzamenti nella
comprensione della relazione mente-cervello. Gli studi neurobiologici e
psicobiologici hanno portato alla conoscenza della maggior parte dei circuiti
neuronali sottostanti ai più disparati processi emotivi, cognitivi e
comportamentali che nel loro insieme compongono il sistema “uomo”. Si è inoltre
arrivati alla comprensione di come tali processi siano in costante relazione
con l’ambiente esterno, che in particolare per l’essere umano è costituito principalmente
dall’ambiente sociale, grazie al quale si sviluppano a pieno le proprietà
emergenti, per l’appunto, dalla potenzialità della base biologica, emotiva e
cognitiva.
Appare
dunque evidente la stretta relazione che lega il processo di sviluppo sano di
un individuo al suo ambiente di accudimento primario, e mette in luce il ruolo
della figura di riferimento del bambino, il caregiver, come regolatore esterno
dei processi emotivi e cognitivi, e quindi dell’organizzazione psicobiologica
interna del bambino. Si può quindi affermare che l’attaccamento sociale, innato
negli esseri umani, è in grado di modulare lo sviluppo cerebrale: una volta che
questi circuiti si sono consolidati in determinati patterns di organizzazione
psicobiologia, essi andranno ad influenzare il successivo comportamento sociale
ed affettivo dell’adulto.
L’ossitocina
sembra essere il neuropeptide che media le diverse tipologie di relazione
d’attaccamento nelle sue distinte componenti attraverso le diverse fasi
evolutive. Il coinvolgimento dell’ossitocina nelle diverse forme di
attaccamento che si verificano durante tutto il ciclo vitale, da quello
infantile a quella di coppia a quella genitoriale, ha sollevato l’ipotesi
dell’esistenza di un unico circuito neuronale, già presente alla nascita, in
grado di regolare le diverse tipologie di attaccamento presenti nelle varie
fasi dell’esistenza, sulla base del contesto sociale ed endocrino (Marazziti et
all. 2008).
Nelle
ultime fasi di gestazione i livelli di ossitocina aumentano in modo
considerevole, agendo in prevalenza sulla mammella e sull’utero. Durante il
travaglio ed il parto provoca, infatti, le contrazioni delle fibrocellule
muscolari lisce uterine, favorendo l’espulsione del feto. Invece durante
l’allattamento la suzione del bambino sul capezzolo stimola il rilascio di
ossitocina e prolattina, che a loro volta favoriscono la contrazione della
muscolatura liscia attorno alle ghiandole mammarie, aumentando l’eiezione del
latte. In questa fase sia madre che bambino sono in condizioni fisiologiche di
ossitocina aumentata, ed è per questo che è plausibile supporre che questa possa rendere conto della natura biologica sottostante la
creazione di quel profondo e solido legame che caratterizza le relazioni d’attaccamento
tra madre e figlio: la mancanza di cure materne sembra alterare il normale
sviluppo del sistema dell’ossitocina in bambini neonati (Marrazziti et al.
2008).
È stato riscontrato un aumento
significativo dei livelli di ossitocina nel flusso ematico a seguito dei
rapporti sessuali dando supporto all’ipotesi che questa contribuisca,
sinergicamente alla dopamina, alle funzioni di rinforzo di stimoli naturali,
come il sesso, e quindi alla formazione di legami duraturi tra partner. Sia nei
mammiferi maschi che femmine di diverse specie, l’ossitocina è importante
nell’indurre il comportamento sessuale, l’eccitamento e l’orgasmo.
Anche
negli esseri umani è stato mostrato un aumento di ossitocina nel plasma durante
l’eccitazione sessuale, l’eiaculazione o l’orgasmo, similmente all’incremento
mostrato dai roditori durante l’accoppiamento. (Caldwell, Young 2006). La
sessualità umana si può essere evoluta per promuovere il legame di coppia
attraverso l’implementazione dei comportamenti che massimizzano la frequenza e
il grado di ossitocina rilasciata: l’intimità sessuale riproduce a livello
fisiologico le basi neurali del parto e dell’accudimento primario, aumentando
appunto il rilascio di ossitocina, e questo può servire a rafforzare il legame
tra uomo e donna, dando inoltre supporto all’ipotesi dell’esistenza di un unico
circuito psicobiologico implicato nei meccanismi sottostanti alla cementazione
di un rapporto di coppia, ed emergenti a partire dai pregressi meccanismi
sottostanti al legame tra madre e figlio.
Evidenze
a favore della relazione tra le esperienze precoci di vita e alterazioni del
sistema di ossitocina provengono da studi sui macachi rhesus adolescenti
allevati a contatto con caregivers umani, che mostravano una più bassa
concentrazione di ossitocina nel loro fluido cerebrospinale rispetto a quelli
allevati dalla propria madre. Uno studio recente suggerisce un fenomeno simile
anche negli esseri umani: infatti donne che hanno subito degli abusi o dei
maltrattamenti nell’infanzia, hanno una concentrazione significativamente più
bassa di ossitocina nel fluido cerebrospinale rispetto a donne che non
riportano alcuna storia di abuso infantile (Ross, Young 2009). Questo dato
fornisce ulteriori conferme del fatto che, come nei mammiferi non umani, le
interazioni genitoriali precoci possono avere conseguenze stabili nel sistema
regolato dall’ossitocina, che quindi influenzerà la cognizione sociale adulta e
la capacità di instaurare relazioni significative tra partners.
In
uno studio pubblicato nel 2009, Ditzen e colleghi hanno analizzato l’effetto
della somministrazione intra-nasale di ossitocina in coppie durante una
discussione conflittuale. Il campione è stato diviso in due gruppi cui è stata
somministrata ossitocina oppure un placebo. I risultati riportati mostrano come
l’ossitocina aumenti la durata di comportamenti positivi rispetto a quelli
negativi durante la discussione tra partners, ed inoltre riduce il livello salivare
di cortisolo a seguito del conflitto, sia negli uomini che nelle donne. Questo
è in accordo con l’ipotesi che il sistema di regolazione dell’ossitocina, nelle
sue varie componenti di modulatore delle emozioni, dello stress e dei rapporti
sociali, è un potente predittore dell’esito positivo di una relazione a lungo
termine, nonché del sostanziale benessere psicofisico dell’essere umano, e non
solo.
È
quindi intuibile la relazione che intercorre nel continuum del sistema di
attaccamento mediato dall’ossitocina e la garanzia di un benessere modulato
dalla relazione con gli altri, ed in particolare dal rapporto di coppia, come
capacità intrinseca di gestione delle emozioni della comunicazione e del
conflitto, e attraverso una riduzione dell’attivazione del sistema fisiologico
dello stress.
martedì 10 settembre 2013
L’Attaccamento nel corso della vita: la relazione di coppia
La ricerca di un legame d’attaccamento
privilegiato e selettivo con un’altra persona, ovvero di un legame emotivo dal
quale derivi un senso di sicurezza individuale e che sia garante di un benessere
psicologico, sembra costituire il primo motore che spinge l’individuo adulto ad
impegnarsi in una relazione di coppia (Cutrona 2004, Obegi e Berant 2009). È,
infatti, caratteristica degli esseri umani la necessità di un senso di
condivisione di quello che di più intimo ci appartiene, ossia la condivisione
delle emozioni e degli affetti più profondi che costellano la nostra esperienza
come persone e il nostro viver quotidiano.
Come
il bambino che attraverso la madre sviluppa e organizza la regolazione delle
emozioni, che permette lo strutturarsi di una coscienza emotiva su sé stesso e
sul mondo, così l’adulto ha necessità di instaurare dei legami significativi
che gli permettano di dare un senso di continuità e coerenza alla propria
esistenza. Il legame con il partner fa sì che ci si assicuri il bisogno di
regolare le proprie emozioni in una diade, ricostituendo quella specifica configurazione in cui le dinamiche
affettive e le esigenze primarie di sicurezza vengono appagate dal rapporto con
l’altro.
La
continuità del bisogno di relazione sembra quindi un principio regolatore di
tutta l’esistenza, e risponde a bisogni di continua stimolazione affettiva e
cognitiva, che sulla base di determinati circuiti funzionali regolati al
livello psicobiologico, potranno avere differenti esiti a seconda di come si
sono strutturati a partire dalla prima infanzia e nel corso del successivo
sviluppo dell’individuo.
Continuità e cambiamento
Bowlby
(1979) sosteneva che l’attaccamento fosse un sistema motivazionale che ci
accompagna “dalla culla alla tomba”, mettendo in risalto la continuità del
bisogno primario di relazione con un'altra persona che sia fonte di sicurezza e
stabilità, lungo tutto il corso del ciclo vitale. Egli considerava la relazione
madre-bambino e la relazione tra partner adulti dello stesso tipo, poiché
entrambe caratterizzate dalle stesse funzioni e pattern comportamentali
riscontrati nell’attaccamento infantile: nelle relazioni di
coppia, si assiste alla ricerca di prossimità e contatto fisico, nonostante
questo sia inizialmente congiunto all’attrazione sessuale, che nell’adulto diventa
nel tempo garante di vicinanza emotiva e sostegno psicologico; continua,
inoltre, a sussistere la protesta alla separazione, con stati d’ansia e
angoscia all’allontanamento del partner; infine la funzione di rifugio sicuro e
base sicura sembrano essere una costante nella percezione che un partner ha
dell’altro, ossia la formazione di un legame che funga da “nicchia sicura”, che
cioè da una parte protegga da situazioni di disagio e stress, e dall’altra dia
la possibilità di conseguire le proprie aspettative di autoaffermazione nel
mondo esterno, e di continuare il processo maturativo di differenziazione
dell’individuo.
Questa
sorta di continuità nel sistema d’attaccamento, dall’infanzia all’età adulta,
ha dato luogo allo sviluppo dell’ipotesi prototipica, che postula, per
l’appunto, una sostanziale rigidità e fissità degli schemi internalizzati nelle
prime esperienze affettive, che continuano a modulare le esperienze relazionali
lungo tutto il corso del il ciclo vitale. Così i modelli operativi interni fungono
da filtri dell’esperienza, influenzando i processi cognitivi ed affettivi ed
agendo come attributori di significato, condizionando in ultimo la risposta
comportamentale messa in atto dall’individuo.
Ad
ogni modo, è naturale che una totale sovrapposizione dei modelli di relazione
“adulta versus infantile” è da
considerarsi inadeguata, poiché elementi di discontinuità e cambiamento
sono parte integrante del processo
evolutivo. In primo luogo si passa dal rapporto asimmetrico madre-bambino alla
sostanziale simmetria e reciprocità della relazione tra adulti, bidirezionalità
che si espleta nelle funzioni alternate di caregiving e carseeking: essere
oggetto di dipendenza e al tempo stesso dipendente dall’oggetto, ossia fornire
cure quando richiesto e chiederne quando se ne ha bisogno (Carli, Cavanna,
Zavattini 2009).
In
secondo luogo, va considerato il processo di plasticità e adattamento che
comporta nell’essere umano la capacità di revisionare e ristrutturare i
precedenti schemi, o modelli interni, a seguito di nuove e significative
esperienze, durante l’intero arco di vita. Molti studi ipotizzano, infatti, la
presenza di più modelli operativi, che operano in un sistema gerarchico a
seconda della specificità del contesto e della relazione in questione.
Infine,
particolare attenzione va posta ai sistemi motivazionali che s‘intrecciano nel
dare forma alla peculiare relazione che si instaura nel rapporto di coppia e
che la differenziano da tutti gli altri rapporti e coinvolgimenti emotivi che
compongono lo spettro delle relazioni sociali umane. Questi sistemi comprendono
l’attaccamento, l’accudimento e la sessualità.
Sistemi motivazionali
nell’attaccamento di coppia
Le molteplici dimensioni dei sistemi
motivazionali interagenti nella formazione dei legami amorosi, che comprendono
appunto l’attaccamento, l’accudimento e la sessualità, concorrono nella
creazione delle complesse combinazioni che contraddistinguono ogni rapporto di
coppia come una diade a sé stante, con la sua particolare dinamica intersoggettiva
che ne definisce il “Senso del Noi” (Norsa, Zavattini 2009). I diversi
sentimenti sperimentabili in una relazione andrebbero letti alla luce delle
caratteristiche e dell’intreccio di questi tre sistemi, nonché come conseguenza
dell’incastro o matching dei MOI
appartenenti a ciascun membro della diade.
L’accudimento
concerne una vasta gamma di comportamenti che risultano complementari ai
comportamenti di attaccamento nel bambino, e che hanno l’obiettivo principale
di fornire protezione. Anche negli adulti questo sistema è strettamente legato
al sostegno dato al partner nei momenti di bisogno, al fine di favorire il
senso di vicinanza emotiva e di conforto in situazioni che sono fonte di stress e difficoltà. È quindi la
capacità di offrire al proprio compagno quel rifugio sicuro, rispondendo con
sensibilità, flessibilità e appropriatezza al disagio manifestato dal partner
richiedente rassicurazione e conforto. Questo sistema è strettamente legato al
sistema dell’attaccamento, si può dire che questi rappresentino le “due facce
della stessa medaglia”, in quanto è proprio la bidirezionalità e bilanciamento
del comportamento di caregiving e di careseeking che costituisce il nucleo
della base sicura in una relazione di coppia.
La
sessualità rappresenta il sistema motivazionale e comportamentale che sembra
contraddistinguere maggiormente le relazioni di attaccamento romantico dalle
relazioni di attaccamento infantile. Nonostante questo, già al suo tempo, Freud
fu il primo a individuare delle sorprendenti similitudini tra coppie di amanti
e coppie madre-figlio per ciò che concerne l’intimità fisica. In particolare,
all’inizio di una relazione, i partner sessuali spendono la maggior parte del
tempo impegnati in un reciproco guardarsi negli occhi, abbracciarsi teneramente,
e baciarsi con un prolungato contatto faccia a faccia, in maniera simile a come
si comportano le diadi madre-bambino. Si è inoltre riscontrata la presenza,
nelle coppie di amanti, di un linguaggio abbastanza simile al baby-talk.
Molti
studi evidenziano la presenza degli stessi circuiti neurobiologici sottostanti
alla modulazione del comportamento d’attaccamento madre-figlio e del
comportamento sessuale tra partner. L’ossitocina è un neuropeptide rilasciato sia nelle ultime fasi della gravidanza,
nel parto e nell’allattamento, sia nella fase di massima tensione sessuale
durante l’amplesso degli amanti.
L’attrazione
sessuale sembra essere il primo fattore scatenante nella formazione di un
legame di coppia, e molti studiosi, al di là delle componenti edoniche e delle
finalità evoluzionistiche della specie, considerano la sessualità come
funzionale all’attaccamento, poiché stimola la ricerca del contatto con l’altro
e alimenta il mantenimento del legame. L’attrazione sessuale aiuta a garantire
che gli adulti cercheranno e manterranno la prossimità agli individui a cui
potranno diventare attaccati.
L’equilibrio
dinamico fra questi tre sistemi motivazionali garantisce un corretto
funzionamento della coppia e lo sbilanciamento verso un polo, quale può essere
quello determinato da una particolare fase del ciclo vitale, come ad esempio la
nascita di un figlio, che può comportare una diminuzione dell’attivazione del
sistema sessuale e di attaccamento in funzione dell’aumento del sistema di
accudimento verso un terzo, che può portare la coppia a momenti di crisi, in
cui l’aspetto più critico riguarda proprio la capacità di ripristinare un
corretto bilanciamento dei tre sistemi.
La
riuscita di un rapporto di coppia dipende quindi dalla capacità di regolazione
emotiva della diade che comporta un continuo monitoraggio affettivo rispetto
alle esigenze dei due partner di mantenere un equilibrio dinamico tra i sistemi
motivazionali coinvolti nella
relazione. Un fattore particolare che influenza questo processo è rappresentato
dal particolare incastro dei MOI dei due partner, che determinerà lo stile
relazionale, la competenza comunicativa e la capacità di gestione del conflitto
messi in atto nella diade (Castellano, Velotti, Zavattini 2010).
MOI e attaccamento nella coppia
L’incrocio
dei modelli rappresentazionali dei due partner produce una gamma di
combinazioni dagli esiti relazionali diversificati (Cavanna 2009):
- Matching
sicuro-sicuro: sono coppie
contraddistinte da flessibilità e interindipendenza emotiva, con modalità
relazionali improntate a riflessività e coerenza, i partner affrontano il tema
degli affetti con realismo e consapevolezza esprimendo capacità di modulazione
e regolazione affettiva, sapendo gestire il conflitto in maniera propositiva e
propulsiva alla crescita individuale e della coppia.
- Matching
sicuro-insicuro: è una relazione
potenzialmente in grado di costituire un esperienza emozionalmente correttiva
dello stato mentale del partner insicuro, ma evidenze empiriche riscontrano una
diversità degli esiti a seconda del genere sessuale del partner insicuro,
infatti la riorganizzazione dei propri schemi disadattivi avviene con più
facilità quando il partner insicuro è la donna.
- Matching
insicuro-insicuro: sono coppie in cui emergono forti aspetti di
insoddisfazione, conflittualità e difficoltà, ma che presentano paradossalmente
vari gradi di adattamento diadico e diversi pattern caratteristici in funzione
del tipo di incastro e di stile d’attaccamento insicuro dei partner:
Distanziante/distanziante > i bisogni di accudimento, dipendenza
e vulnerabilità sono in buona parte negati. L’enfasi è posta sull’indipendenza
ma risultano disregolati sul piano emotivo, evitano il conflitto.
Preoccupato/preoccupato > amplificano i bisogni di accudimento e
vicinanza anche se questi non sono mai del tutto “saturabili”, entrano spesso
in disaccordo e in conflitto con atteggiamenti di rifiuto reciproco.
Distanziante/preoccupato > presentano una difficoltà di sintonizzazione e
regolazione reciproca, i livelli di conflitto possono essere elevati ed è
particolarmente bassa la soddisfazione tra i partner. Ciononostante sono coppie
la cui stabilità è paragonabile a quella delle coppie caratterizzate da pattern
di attaccamento sicuro.
L’evidenza
della stabilità di legami percepiti come insoddisfacenti dagli stessi
componenti della coppia porta alla riflessione sul tema dell’uso dell’altro,
che può essere di tipo propulsivo, teso verso una crescita personale tramite l’integrazione
di parti di sé all’interno di una matrice intersoggettiva composta appunto
dalla diade, o al contrario di tipo collusivo dove l’altro diventa l’estensione
delle parti negate, proiettate e scisse della propria identità. In questo modo
la relazione diventa una forma di difesa per la propria integrità psichica, di
cui si ha necessità per mantenere una costante ed una coerenza interna che dia
una sorta di continuità con i modelli interiorizzati a partire dalle prime
esperienze relazionali affettive e di attaccamento, anche se negative (Norsa,
Zavattini 2009).
“La costruzione dell’identità attraverso i media”
Analizzando la società odierna è necessario approfondire come lentamente i media si siano fatti portavoce delle
variazioni delle mode e dei desideri della collettività, prontamente decisi nei
consigli d’amministrazione delle reti televisive nazionali e fissata poi nelle
menti dei telespettatori attraverso messaggi subliminali e pubblicità. Questo
processo ha portato verso un progressivo controllo da parte dei media sui
processi di sviluppo educativi e non solo, rendendosi l’opera di omologazione
principale delle masse e in tal modo la prima agenzia del credo normativo
pubblico.
Il credo normativo è per
l’appunto ciò che dalla maggioranza è ritenuto normale a seguito della
ripetizione quasi ridondante di un determinato messaggio, il quale diventa
talmente radicato negli inconsci collettivi da essere accettato e immagazzinato
senza alcuna analisi critica sul significato implicito del messaggio stesso.
Parallelamente alla crescita di questo fenomeno si assiste a una crescente passività
e diminuzione della consapevolezza della maggioranza dei cittadini sottoposti a
questo subdolo processo di condizionamento collettivo cosi che avviene la
normalizzazione culturale di modelli comportamentali sulla sessualità devianti
e poco attuabili nella realtà psicosociale. Ciò che ne consegue è un aumento di
ansia collettiva riguardo alle proprie prestazioni sessuali e al raggiungimento
di un’immagine di sé che rispecchia esclusivamente caratteristiche
standardizzate.
Com’è di naturale intuizione
è probabile che dietro a tutte queste azioni con fine manipolatorio ci siano le
grandi industrie commerciali e le forze pubblicitarie delle multinazionali
volte a rendere “prodotto” qualunque cosa possa essere fonte di guadagno. E
sicuramente il sesso è fonte di guadagno. E questo si nota nell’analisi delle
singole pubblicità che presentano uomini e donne sessualmente attraenti e, con
caratteristiche di bellezza disegnata sulla perfezione dl corpi statuari che
presentano qualsivoglia prodotto commerciale, primariamente alcolici, macchine,
profumi e prodotti alimentari,
rendendo poco visibile il messaggio subliminale per cui acquistando quel
prodotto specifico la qualità della vita (sessuale) migliorerà sicuramente: “la pubblicità, la televisione e la carta
stampata ci propongono corpi irreali, digitalizzati, trattati manipolati, di
carta e di plastica, il cui scopo è farci sognare, desiderare, consumare” cit.
Donatella Bersan, Indignate 2011.
I bambini e gli adolescenti
sono i primi ad essere maggiormente soggetti all’influenza mediatica: vuoi per
genitori distratti, vuoi per genitori assenti, essi passano più di 4 ore davanti al televisore o al computer, e
le loro strutture cognitive, ancora in formazione, non sono del tutto in grado
di compiere un’analisi critica e consapevole rispetto a ciò che si sta
guardando, soprattutto se non c’è nessun adulto a poter delucidare le fonti del
messaggio, qualunque esso sia. Cosi i bambini in particolare assorbono come
spugne i messaggi che dalla TV vengono veicolati: dalla violenza, ad una
sessualità sempre più esplicita e volgare, dall’importanza dell’avere gli
oggetti di tendenza ed i vestiti più alla moda, fino ad un’incessante
costruzione di una visione superficiale della vita, dove non si sa più chi si è
senza quei determinati oggetti che rappresentano per volere altrui l’identità
dei singoli individui che crescono oggigiorno in questa società.
“La donna come Barbie”
Per approfondire come la nascita
della tv abbia contribuito all’aumento della perdita dell’identità, e più in
profondo alla confusione del significato della sessualità, va considerato più
che altro il suo coinvolgimento nel promuovere modelli sociali di riferimento e
nel veicolare messaggi pubblicitari, volti ad indurre l’utente a consumare il
prodotto, qualsivoglia esso sia. Tra questi prodotti risalta in particolare la
pubblicizzazione di alcuni giocattoli per bambini: vorrei a tal proposito
considerare la nascita della bambola più famosa del mondo, Barbie, come il
simbolo materiale e concreto di ciò che ha dato inizio alla distorsione e costruzione
del corpo femminile come oggetto di merce e strumentalizzazione del potere
associato alla conformazione collettiva rispetto ad un estetica finta, di plastica
(in molti casi nel vero senso della parola) a discapito della perdita
dell’individualità ed autenticità della persona.
I bambini sono i primi a subire le
influenze mediatiche non solo attraverso programmi televisivi ma anche
attraverso quello che di più naturale ci possa essere nelle fasi evolutive di
crescita: il gioco. Il gioco è per l’appunto una fase di transizione e
simulazione della realtà che consente di apprenderne i suoi reali contenuti.
Milioni di bambine sono
cresciute e continuano a crescere con il modello di questa bambola perfetta,
con un corpo da pin up e il sorriso sempre stampato, trucco perfetto, la messa
in piega e gli abiti alla moda. Peculiarità di questo giocattolo è che
rappresenta il corpo di una donna adulta nuda (Barbie ha un seno ben definito)
e pertanto porta in sé la proiezione di un’immagine irrealistica e fittizia di
come dovrebbe essere una persona adulta di sesso femminile. Inoltre lo
stereotipo della donna bambola bionda taglia 40 è facilmente associabile alle modelle proposte come icone
della moda femminile. Nonostante molte campagne di opposizione si sono
combattute contro il sottostante concetto di “magro è bello” e contro il
diffondersi di stereotipi di ragazzine anoressiche che spopolano nelle riviste
di moda e nelle presentazioni dei mass media, la forza con cui questo modello
si è imposto nella società occidentale ha contribuito al diffondersi del
malessere narcisistico dato dalla distorsione dell’immagine di Sé e del non
riconoscimento della propria autenticità come unica e pertanto diversa dalle
altre.
Infine
Barbie non invecchia mai: la chirurgia plastica risulta essere lo strumento
prediletto dalla proposta mediatica per raggiungere quello stato di “bellezza”
ed identificazione con questo modello: dal soddisfacimento dell’ossessione per
un corpo perfetto, fatto su misura, alla possibilità di fissare quel corpo nel
tempo, privandolo della sua naturale evoluzione e significato, poiché privato
di ogni contenuto quel corpo, iniziando a deteriorarsi per la vecchia, perderà
ogni valore.
Breve analisi dell’evoluzione sessuale e della percezione odierna di sessualità in occidente.
L’essere umano è un sistema
complesso poiché a partire dai più semplici processi della chimica e della
biologia di base, emerge la coscienza, o il pensiero consapevole di chi siamo e
che ruolo abbiamo nel mondo. La dinamica implicita nell’evoluzione del pensiero
si sviluppa quindi dalle costanti relazioni e connessioni neurali che danno
voce alla complessità intrinseca di ogni individuo e che compongono la materia
base da cui scaturiscono le proprietà della mente. Ogni individuo è inoltre
inserito in una fitta rete di relazioni sociali che ne compongono l’ambiente
esterno, dalla nascita alla morte, e che rappresentano il contesto culturale entro
cui si svilupperanno l’individualità soggettiva, le competenze personali, e che gli permetteranno di
vivere un vita socialmente integrata ed emotivamente soddisfacente.
La sessualità è un aspetto
fondamentale del comportamento dell'essere umano e comprende quegli atti
finalizzati alla riproduzione, alla ricerca del piacere ma anche sociali, che
si sono sviluppati in relazione alle proprietà tipiche dell'apparato
riproduttivo. Infatti, l'ambito sessuale influenza in maniera considerevole oltre
che l'evoluzione socio-culturale a livello globale, anche la crescita individuale
della persona coinvolgendo pienamente la sua vita relazionale.
Per analizzare
correttamente la sessualità umana occorre innanzitutto distinguere tra sesso
biologico e identità sessuale, intesa come la percezione soggettiva di
appartenere al genere maschile o femminile a prescindere dalla componente
prettamente biologica.
Dall’infanzia
all’adolescenza fino all’età adulta la superficie corporea rimane il primo
organo sensoriale attraverso cui conosciamo l’ambiente esterno e costruiamo le
rappresentazioni cognitive su noi stessi e sul mondo. Un sano rapporto con il
proprio corpo è quindi il primo induttore di una percezione sensoriale e sessuale
che fin dalla tenera età predisporrà l’individuo ad un vissuto pieno e
consapevole rispetto alla sua identità ed alle sue esperienze sessuali nel
corso della vita futura, garantendone pertanto un vissuto soddisfacente .
Su questa base biologica si
instaura presto una sovrastruttura culturale Il concetto di sessualità si
compone infatti di un duplice aspetto: natura e cultura. È, infatti, dal
substrato biologico che si è andata definendo nella storia dell’umanità la
concezione di ruolo appropriato ad un determinato e specifico corpo, e di
sicuro la diversità dell’anatomia e della fisiologia degli apparati sessuali
maschili e femminili ha posto le basi per una differenziazione anche a livello
socio-culturale. Simbolicamente parlando rispetto all’anatomia dei genitali
maschili e femminili si può notare come l’uomo sia “proiettato” verso l’esterno
mentre la donna “accoglie” al suo interno. Questo ha generato nella psiche
archetipica collettiva dell’umanità già le prime differenze comportamentali e
di ruolo: l’uomo si fa cacciatore ed esploratore del suo ambiente e la donna si
fa veste, al contrario, di colei che mantiene l’ambiente intimo, la famiglia e
la casa, nell’ordine ed equilibrio di accoglienza e sensibilità rispetto ai
bisogni dei suoi componenti.
Si nota quindi la profonda
interazione che avviene tra eventi naturali e culturali nel determinare il
sesso e il ruolo ad esso corrispondente: l’evoluzione culturale dell’uomo ha da
sempre influenzato i modelli di rappresentazione collettivi rispetto agli stili
comportamentali più adeguati ad un relativo “sesso”. Il credo normativo
culturale di una determinata epoca storica in uno specifico luogo geografico ha
da sempre inciso nello sviluppo di regole, norme e credenze rispetto al maschile e femminile e alla giusta interazione tra essi, considerando come
deviante qualunque scostamento da tali condizioni implicitamente sostenute da
quello specifico modello culturale in questione.
Nella storia della società
occidentale si è assistito per secoli a un lentissimo e progressivo cambiamento
che solo a partire dagli anni ‘70 ha subito una radicale quanto brusca
inversione di modelli, valori e costumi condivisi dalla maggioranza della
popolazione rispetto alla sessualità ed a ciò che essa concerne, come appunto i
ruoli dell’uomo e della donna. A partire dagli esordi naturali della storia
dell’uomo in cui le società primitive vivevano il sesso al pari di qualunque
altro istinto fisiologico, si è andati verso una lenta inibizione dei temi
legati alla sessualità, inizialmente determinata dalla comprensione, niente
affatto ovvia, del rapporto tra sesso e gravidanza. Questo evento ha
probabilmente determinato il cambiamento dei rapporti tra maschi e femmine,
poiché le femmine portando in grembo qualcosa che dipendeva ed era di proprietà
del maschio, ne divenivano anche loro proprietà. Salvo rare eccezioni tutta la
storia è caratterizzata da un rapporto non pari tra i due sessi. A questo si
aggiunse, con lo sviluppo delle culture ad impostazione religiosa
cristiano-cattolica, la demonificazione del sesso, per secoli associato al
peccato. Ciò ha generato tabù e sensi di colpa verso ciò che di più naturale vi
sia tra i comportamenti dell’essere umano. Invece negli anni ’70 si assiste ad
una rivoluzione culturale: l’emancipazione femminile, dovuta in gran parte
all’introduzione degli anti-concezionali che per la prima volta nella storia
umana permettevano di separare il sesso dalla riproduzione. Su questo scenario, che prometteva di
riportare il sesso ad una dimensione più naturale, si è insinuata ed aggiunta
in maniera sempre più evidente la televisione e l’influenza dei mass media i
quali, con una rapida evoluzione rispetto alla precedente epoca storica, e
soprattutto negli ultimi anni, hanno portato ad una sconcertante quanto degenerata
visione della sessualità quale merce di scambio, oggetto di strumentalizzazione
del potere mediatico, nonché alla deprivazione del significato più profondo che
in essa risiede, quale appunto parte dell’identità personale e dello sviluppo
relazionale significativo con noi stessi e con un altro diverso da noi.
Osservando quindi come si
sia evoluta la percezione della sessualità in relazione alla storia dell’uomo
si arriva ad un quadro odierno di grande confusione, incertezza, perdita di
valori e di significato. In particolare per le nuove generazioni, che comunque
provengono da un retaggio culturale come abbiamo visto permeato
dall’ambivalenza riguardo ai temi della sessualità, e si ritrovano in un
contesto sociale ancora più ambiguo e dissociato, dove il sesso viene visto al
pari di qualunque altro prodotto commerciale e dove la soggettività personale
viene ad essere intaccata da modelli estetici, sociali e culturali privi di
realtà ma esclusivamente volti a promuovere un omologazione di massa senza di
identità.
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